“PER SALVARE IL PD OCCORRE UN CAMBIO DELLO STATUTO”

Per superare lo scarso 20% ottenuto alle ultime elezioni politiche il Partito Democratico deve fare una scelta precisa che non guarda né alla rottamazione, né allo scioglimento, ma ad un processo ricostituente che arrivi al cambio dello statuto.

E’ il pensiero della politologa Nadia Urbinati, della Columbia University. “Occorre che il PD ritrovi la sua identità politica e la sua chiarezza ideologica”.

DE MICHELI CANDIDATA ALLA SEGRETERIA DEL PD: “PORTO AL CENTRO IL LAVORO E I DIRITTI DELLE DONNE”

La prima azione concreta nel caso diventasse segretario del Pd sarebbe nominare una segreterie di sole donne, poi fa una concessione “solo uno o due maschietti”. Paola De Micheli ha giocato d’anticipo, annunciando l’altro ieri su Repubblica.it la candidatura alla guida del Partito Democratico dopo il congresso di marzo. Insieme a lui, si sarebbero aggiunti anche Dario Nardella si sindaco di Firenze, Matteo Ricci sindaco di Pesaro. Tra i nomi che circolano anche quello del presidente della regione Emilia Romagna Bonaccini e della vice Schlein, ma da loro nessuna conferma.

Ha giocato d’anticipo, dicevamo, pur avendo informato prima Enrico Letta, al quale lo lega amicizia e lealtà. Ma qualcosa nella sua segretaria non è andato se il risultato è stato poco più di quel deludentissimo 18% ottenuto nel 2018, fu il minimo storico. Da lì insomma poco ci si è scostati. Incalzata della domande di Marco Damilano nella trasmissione di RaiTre “Il cavallo e la torre”, ha dimostrato sicurezza e decisione nelle risposte e una determinazione che certamente le è propria. “Ho detto a Letta tutte le cose che, secondo me, andavano fatte in un modo diverso – ha detto De Micheli – aver ecceduto nell’agenda Draghi, che di fatto non c’è e non c’era, credo abbia generato molta confusione. In più quell’esperienza di governo era legata ad una parte della destra, la Lega, con la quale noi non vogliamo più avere a che fare”.

Cosa è manca al Pd per diventare un partito di sinistra, connotazione che di fatto sta perdendo considerato che proprio i lavoratori, gli operai non ci si ritrovano più? “Il PD deve tornare ad essere partito del lavoro – ha risposto – in questa campagna elettorale ho volantinato davanti alle fabbriche. È stato molto impressionante il volantinaggio davanti ad Amazon: i lavoratori chiedevano una serie di risposte a delle norme anche approvate dal Pd che riguardano il mondo della logistica. Sono persone con le quali dobbiamo tornare a parlare alla stessa altezza. Il Pd è il partito delle competenze, ma deve ritornare a essere anche quello delle appartenenze. Dobbiamo stare lì, andare noi da loro, il metodo deve cambiare. Abbiamo passato tanto tempo al Governo a mediare, così le risoluzioni – “non risolutive” – del mondo del lavoro non sono state capite”.

Insomma occorre che il Pd scenda del piedistallo dorato che si è creato negli anni e che parli di concretezza e temi veri che interessano la quotidianità delle persone. De Micheli ne individua due: lavoro e diritti delle donne. “Credo che il tema della segreteria donna sia un valore, non semplicemente immaginifico, ma della rappresentanza concreta di una vita, quelle delle donne, che ha un’organizzazione completamente diversa da quella degli uomini. Cio’ che scriveremo nella mozione sarà provare a cambiare modello organizzativo della società, perché oggi non è organizzata per donne che hanno doveri di maternità, lavoro e cura. Vivere sulla propria pelle quello che come Pd vogliamo cambiare per le donne italiane, credo non sia di poco conto”.

Non è mancato, nel corso dell’intervista, il riferimento a Piacenza “Ho fatto tutta la trafila da consigliere comunale a ministro, poi sono tornata a Piacenza a fare il consigliere comunale con Tarasconi. Abbiamo vinto alle amministrative perché due donne si sono legate con una “sorellanza” politica vera e abbiamo riconquistato la città. È normale ora voler dare un contributo di idee e di gambe al partito”.

 

 

LETTA: “AL CENTRO DEL NOSTRO PROGRAMMA IL LAVORO PER I GIOVANI”

Lavoro, diritti e ambiente. Sono i punti fermi del programma elettorale del partito democratico in vista del voto del 25 settembre. Una sfida difficile, forse mai come questa tornata, in cui sondaggi alla mano, la destra è largamente in testa. Il segretario Enrico Letta sta girando l’Italia in lungo e in largo, oggi Piacenza, Cremona, Brescia e Bergamo, la spina dorsale produttiva, per mettere al centro i temi e le proposte, lasciando invece da parte le polemiche a colpi di tweet con la principale competitor Giorgia Meloni.

Lo stato maggiore del pd locale, Paola De Micheli e sindaca Tarasconi in testa, ha accolto il segretario alla cooperativa Geocart, per mettere proprio al centro del dibattito il tema del lavoro: declinato sia sulla detassazione che sui contratti per il primo impiego.

ELEZIONI POLITICHE: PAOLA DE MICHELI CAPOLISTA PD IN EMILIA OVEST

Paola De Micheli sarà capolista del Partito Democratico nel collegio della Camera dell’Emilia Ovest, nelle province di Parma, Piacenza e parte di Reggio Emilia. E’ lei stessa ad annunciarlo in un post sul pagina Facebook.

“Orgoglio e responsabilità” scrive De Micheli nel suo post, saranno i fari che guideranno la campagna elettorale da oggi al 25 settembre. Un mese o poco più che De Micheli promette di vivere in prima linea e intensamente, “Non risparmierò un grammo della mia energia a fianco degli altri candidati nei collegi, per far vincere la nostra idea di futuro e i diritti, per dare dignità vera al lavoro dentro a un’Italia Democratica e Progressista. Per onorare fino in fondo la tradizione e la storia di una terra profondamente antifascista”.

“Porterò in Parlamento tutto l’impegno e la competenza maturata in questi anni. Uniti alla tensione ideale e a una passione genuina, senza le quali la politica si separa dalla vita delle persone. La sfida è alta, ci sarà tanto bisogno del vostro aiuto, ma ne sono certa: insieme possiamo vincere!”

E ora che le liste sono composte è davvero il momento che il Pd e la coalizione di centro sinistra si tuffino nella campagna elettorale: c’è bisogno di programmi, di parlare con la gente, di incontrarla, di farsi capire. Il cammino per il centro sinistra, stando ai sondaggi, è in salita rispetto al centro destra. Uno scoglio non facile è stata anche la scelta delle candidature che ha visto il PD impegnato ieri fino a tarda notte. Tra gli esclusi illustri: Luca Lotti, Stefano Ceccanti, Monica Cirinnà. Tra i volti nuovi quattro giovani under 35: Rachele Scarpa, Caterina Cerroni, Raffaele La Regina, Marco Sarracino. Enrico Letta sarà capolista alla Camera in Lombardia e Veneto, Carlo Cottarelli capolista in Senato a Milano, e il virologo Andre Crisanti capolista in Europa.

CENTRO SINISTRA VERSO LE ELEZIONI: “CI SIAMO E RILANCIAMO LE NOSTRE PROPOSTE PER LA CITTA’ “

“Volontà di rilanciare senza alcun timore  le proprie proposte per la Città. La coalizione di centrosinistra è dunque in campo con la decisa volontà di offrire alla Città un progetto riformista concreto e sfidante sui temi più urgenti che migliorino la qualità della vita dei piacentini, dopo cinque anni difficili ma soprattutto inconcludenti”. Sono alcuni dei passaggi della nota a firma Partito Democratico, Art. 1, ER Coraggiosa, PSI e Piacenza Più dopo l’inchiesta sugli appalti truccati che hanno coinvolto anche Massimo Castelli, indicato come il candidato sindaco ideale e unitario per questa coalizione.

Una nota in cui c’è la volontà di reagire e di dare risposte che “infondano fiducia in un elettorato disorientato e deluso nei confronti di un sistema, quello della politica e di una parte delle Istituzioni, ancor più provato dalle gravi notizie che emergono dell’indagine giudiziaria in corso nella nostra provincia”.

“Nessun colpo di spugna ma anzitutto un appello al rigoroso garantismo sia da parte di chi ha il delicato compito di appurare la verità dei fatti con auspicabile  celerità sia di chi ne rilancia e diffonde gli esiti necessariamente provvisori e inevitabilmente approssimativi”.

Anche in un contesto così difficile, duro e gravoso, prosegue e si rafforza l’impegno delle forze civiche e progressiste “senza tentennamenti e nella massima coesione e chiarezza”.

In un passaggio del comunicato si fa riferimento ad un’apertura a nuovi compagni di viaggio “disponibili a condividere il comune obiettivo di competere e prevalere nelle  urne all’amministrazione Barbieri”. Un appello all’unità non rivolto a coloro che sono rimasti in ApP, che proprio oggi hanno ufficializzato la candidatura a sindaco di Cugini, ma alle altre forze civiche di stampo riformiste e progressista.

“Centralità al programma e individuazione della leadership migliore in grado di rappresentarlo e soprattutto realizzarlo. Questi gli obiettivi che nei prossimi giorni, nei luoghi e con gli strumenti più aperti alla partecipazione, che verranno indicati, consentiranno a tutti coloro che vorranno di offrire contributi di idee e disponibilità all’impegno.
Altre iniziative che rischiano di esaurirsi in un ennesimo scontro polemico che incrinerebbe ancora di più la credibilità degli Organi Istituzionali del nostro Comune non sono condivisibili.
La debolezza politica dell’attuale Amministrazione è sotto gli occhi di tutti ma non la si contrasta con gli strumenti della propaganda e gli elettori lo sanno”.

 

CUGINI LASCIA IL PD. “TRA COERENZA E SOFFERENZA SCELGO LA PRIMA”

Erano nell’aria e sono arrivate. Le dimissioni di Stefano Cugini dalla carica di capogruppo del Partito Democratico e l’approdo al gruppo Misto sono la fine di un’esperienza certamente vissute in prima linea: militante attivo, assessore al welfare nella giunta Dosi e, in ultimo, capogruppo consiliare con il maggior numero di preferenza. Una militanza fedele, portata avanti senza tentennamenti, fino agli ultimi mesi quando al centro del dibattito politico in casa centro sinistra c’era il futuro di ApP. Alternativa per Piacenza l’ha vista nascere, perché di fatto ne è uno dei genitori, forse l’ha sentita più “sua” di tanti altri. La tribolazioni degli ultimi mesi che hanno visto su due fronti spesso scontrarsi il Pd e l’ala più a sinistra di ApP, la stessa di cui ha fatto parte, hanno portato alla decisione di lasciare.

Una dimissione non solo dal ruolo di capogruppo, ma soprattutto un divorzio politico da partito che non lo ha appoggiato quando ha dato la disponibilità nelle vesti di candidato sindaco. Perché in ballo c’è la possibilità che la sinistra torni al potere delle città, forse unita, erano le premesse iniziali, sarebbe stato più facile. Ma oggi non si può più ragionare così. Ognuno ha fatto le sue scelte. Gli scissionisti, sono diventati ex perché sono rientrati in ApP, il Pd insieme ad Art.1, PSI e alcune civiche sono uscite. Probabilmente a rappresentarli ci sarà Massimo Castelli. Sempre a sinistra, ma seguendo la strada di Alternativa per Piacenza, ci sarà Cugini oggi in grado di agire da battitore libero. “Tra coerenza e sofferenza – ha scritto sul profilo Facebook – scelgo la prima. Ma quanta è la seconda, accidenti”.

CENTRO SINISTRA ANCORA UNA VOLTA DIVISO VERSO LE AMMINISTRATIVE. ERA EVITABILE?

E così tutto si accartocciato su se stesso. I buoni, quanto nobili, propositi di costituire una larga coalizione di centro sinistra che andasse dalla rifondazione, passando per il PD fino alle realtà civiche e associative, sono andati distrutti. Dopo 15 mesi di lavoro Alternativa per Piacenza è arrivata al capolinea. Qualcuno, nella fattispecie Sergio Dagnino uno di quelli che fin da subito profuse impegno per la sua costituzione, scrive su Facebook inutile girarci intorno, è un fallimento.

Dopo un tira e molla di alcun mesi, per certi aspetti logorante se non addirittura estenuante, in cui prima a uscire sono stati i “dissidenti”, poi la parte maggioritaria del gruppo, in testa il Pd, è calato il sipario. Miseramente, mi permetterei di aggiungere per tutti quegli elettori di sinistra che hanno creduto al progetto, e che all’inizio erano in tanti. “Quasi incredibile sentir dialogare persone che prima si guardavano in cagnesco” lo abbiamo sentito dire e scritto diverse volte sulle varie testate, frase pronunciata proprio da chi ha visto nascere ApP.

Il tutto si è incrinato sulla scelta del candidato e sulle modalità di questa scelta. Sono state proposte le primarie da Pd e Articolo 1 in testa. Rifiutate dal gruppo dei novi rappresentato da Sergio Dagnino, Luigi Rabuffi e Stefano Cugini che se sono andati dal gruppo. Gli stessi che dopo una settimana, per rispondere alla mozione di unità presentata per ricompattare il gruppo, si sono ripresentati accettando le primarie. Nel frattempo la parte maggioritaria numericamente della coalizione ha proposto il nome di Massimo Castelli come candidato. Candidato unitario? Candidato per le primarie? Anche su questo punto si è creata confusione, mancanza di chiarezza che hanno portato al risultato di oggi. Partito Democratico, Articolo 1, Coraggiosa, PSI e civiche hanno deciso di lasciare ApP e di andare da soli, probabilmente rappresentati dal candidato Massimo Castelli, sempre che lui rinnovi la disponibilità.

Restano dentro gli ormai ex “scissionisti”. Ho lavorato al massimo delle mie capacità per limare le differenze e mantenere la famosa “unione tra diversi”- scriveva ieri sul profilo facebook Dagnino –  facendomi anche da parte quando qualcuno mi aveva chiesto, di dare la mia possibilità a candidarmi per la carica di primo cittadino. Anche nell’ultima assemblea, la mia dichiarazione di disponibilità a votare la mozione presentata dal gruppo capitanato da quel romantico pieno di passione che è Gianni Cravedi, anche nel caso di bocciatura degli emendamenti presentati, era in quel senso. Ora – conclude Dagnino – non è il tempo delle recriminazioni, tantomeno quello delle accuse (e mi auguro non lo sarà mai). Riordiniamo le idee e ripartiamo. Il futuro spesso ci sorprende.

Quale sarà il futuro? Difficile dirlo, ma a pensarci bene neanche troppo: il PD e gli altri partiti si presenteranno con Castelli, quello che resta di ApP con Stefano Cugini (che resta per ora capogruppo del PD in consiglio comunale). Risultato: ancora una volta il centro sinistra arriva spaccato alla competizione elettorale più importante per il territorio, le amministrative comunali.

VERSO LE AMMINISTRATIVE: “DAL PD NESSUNA MIRA EGEMONICA”

Verrà formalizzato e presentato nei dettagli tra qualche settimana il neonato gruppo politico che accoglierà al suo interno le forze di sinistra, comprese le realtà civiche e associative che in questi anni molto si sono spese, ma per la verità, poco hanno ottenuto amministrativamente parlando. Il nuovo soggetto politico riformista, di sinistra e trasversale a breve si svelerà per prepararsi alle elezioni comunali della primavera prossima. Un campo largo, per dirla come il segretario cittadino del PD Silvio Bisotti che assicura ” dal Partito Democratico nessuna mira egemonica, ma capacità di inclusione e ascolto”.

REGIONALI: BONACCINI CONFERMATO PRESIDENTE. PIACENZA INVECE VOTA LEGA

L’Emilia Romagna ha deciso di non cambiare, di non “liberarsi” per dirla alla leghista, di non “legarsi” per dirla utilizzando lo slogan del movimento delle Sardine. Il presidente uscente Stefano Bonaccini è stato riconfermato con il 51,41% contro Lucia Borgonzoni candidata del centro destra ferma al 43,66%.
Un risultato finale lontano dal testa a testa su cui il centro destra aveva puntato negli ultimi giorni di campagna elettorale e come i sondaggi parevano, in effetti, confermare. Dati che hanno sperare fino all’ultimo la Lega di espugnare la regione governata dalla sinistra da cinquant’anni. Così non è stato, ed ora si impone una riflessione. Gli emiliano romagnoli hanno, evidentemente premiato il buon governo, hanno votato basandosi sui dati, sui risultati ottenuti, hanno cioè  mantenuto il voto sul piano locale e non nazionale come il leader della Lega Salvini ha fatto in questa lunga campagna elettorale. Le elezioni regionali potevano essere un test per le elezioni nazionali? Se così fosse il test avrebbe un risultato sfavorevole per il centro destra.
Il PD si conferma il primo partito in regione con il 34% dei voti, la Lega poco distante al 32%, il Movimento 5 Stelle invece è crollato al 3,4%, il vero sconfitto di queste elezioni. Un risultato così deludente avrà ricadute di pese sul governo nazionale o, detto in altre parole, il PD si farà forte del risultato ottenuto sulle future decisioni?
Un altro capitolo merita il discorso locale: Piacenza si conferma ancora, come era accaduto per le elezioni Europee del 2019, roccaforte della Lega, primo partito con il 44% dei voti, il PD si ferma al 24%, M5S 3,37%, Forza Italia 2,7%, mentre Fratelli d’Italia arriva al 13,7% dei consensi.
La candidata del centro destra Lucia Borgonzoni conquista 45 comuni su 46 con numeri importanti; l’unico comune dove il PD è il primo partito è Cerignale, il cui sindaco Massimo Castelli era candidato nella lista Emilia Romagna Coraggiosa a sostegno di Stefano Bonaccini.
Tra i candidati piacentini ricord di preferenze per il leghista Matto Rancan con 9272 voti, Valentina Stragliati 3984 e Giancarlo Tagliaferri con 3661. Per il centro sinistra Katia Tarasconi incassa 6117 preferenze. Risultati che determinano, le loro, l’ingresso nell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. 

GOVERNO PD-M5S: QUALE FUTURO?

Quale futuro potrebbe avere un governo PD-M5S? Se lo chiedono molti elettori soprattutto di sinistra in questa fase di frenetiche consultazioni. Abbiamo chiesto l’opinione di due esponenti della sinistra piacentina: Gianni D’amo di Città Comune per cui l’obiettivo principale è “svelenire il paese” e Carlo Berra del PD secondo il quale “le cose non cambieranno in breve tempo”.

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