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COOP OPERAIO, LE PIANTE OFFICINALI COLTIVATE ALLE NOVATE

Terminate le pratiche burocratiche, autorizzazioni e permessi, il progetto finalmente è pronto a decollare tra un paio di settimane. La società cooperativa OperaIO formata da quattro giovani piacentini, poco meno che trentenni con esperienze e formazioni diverse tra loro, è pronta a mettere in campo il progetto di recupero e rieducazione rivolto a 12 detenuti del carcere delle Novate. In che modo? Insegnando loro la coltivazione di erbe officinali e piante da piccoli frutti per la produzione di prodotti erboristici e confetture all’interno delle mura del carcere. La direttrice della casa circondariale Caterina Zurlo si è dimostrata da subito entusiasta, scegliendo il progetto della coop operaio tra tanti altri. Gli obiettivi sono molteplici: valorizzare i detenuti attraverso l’esperienza lavorativa favorendo il reinserimento come forma di rieducazione e redenzione della pena; formazione professionale con il conseguimento di una qualifica; continuità dell’esperienza lavorativa anche all’esterno del carcere una volta che il soggetto ha scontato la pena; realizzazione di prodotti con marchio del carcere per arrivare alla produzione di confetture, tisane ed infusi. “Inizieremo con un percorso formativo, grazie al supporto di due docenti dell’Università Cattolica – ha spiegato Rachele Greco della coop OperaIO – poi andremo sul campo con la lavorazione vera e propria, in un percorso che durerà tre anni”. La scelta di lavorare con il carcere, spesso, è accompagnata da polemiche e perplessità. A parte le convinzioni e la formazione che ognuno possiede, è prima di tutto una questione di sicurezza: un detenuto che non trova nulla per cui valga la pena mettersi in gioco, una volta fuori delinque ancora, prova ne è che, oggi, la recidiva in Italia raggiunge il 98%. “Non è solo la questione di imparare un mestiere quella che ci interessa – spiega Rachele – ma anche offrire la possibilità al detenuto di prendere in mano la propria vita e ricostruirne i pezzi, laddove è possibile”. L’occasione per parlare del progetto è stata la serata organizzata dai volontari dell’associazione MondoMlal, la onlus che da anni è impegnata suol fronte boliviano con particolare interesse verso il modo della detenzione minorile. Idealmente si è voluto creare un ponte tra Bolivia e Piacenza nel segno del reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti.

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