Sfoltire, potare, alleggerire per arrivare a decidere cosa identifica meglio Piacenza. Nel bouquet di brand che oggi si collegano alla nostra città è difficile orientarsi e soprattutto salta all’occhio che tra questi manca un collegamento efficacie. Gli esperti di comunicazione ci insegnano che il marchio, che oggi fa più scena chiamare brand, racchiude la storia di ciò che si vuole rappresentare, attraverso una parte grafica ed una testuale. Insomma piuttosto che una ventina di marchi slegati tra di loro, sarebbe stato opportuno scegliere un valore simbolico e rappresentarlo, in una parola, debranding, come l’ha definito l’architetto Franz Bergonzi. “Il vero problema – ha detto Bergonzi – è avere un marchio forte che non sia un mercanteggiare politico, ma bipartisan. Ogni amministrazione dovrebbe passarsi questo testimone, che rappresenta la città”. Ma il brand unico costringe ad una scelta, a rappresentare un valore simbolico forte per illuminare ciò che sta sotto. Un’idea su ciò che Piacenza poteva mettere in luce, dal momento che per il buon vino, i buoni salumi e colline da favola, ahimè, non è l’unica in Italia, Bergonzi ce l’ha, quasi una fissazione dice lui, certamente molto simbolica. “Il Fegato Etrusco, celato più che custodito a Palazzo Farnese – spiega – rappresenta un simbolo unico per Piacenza, proprio del dna del territorio, è un oggetto con una forte funzione divinatoria, è nostro, ed ha una forma bellissima.” Peccato, appunto, che sia quasi nascosto nei musei di Palazzo Farnese e che ne parlino molto di più riviste straniere che italiane. Certo Expo 2015 sarebbe stata un’ottima occasione per sfoggiare il brand Piacenza, ma ormai non c’è più tempo. Stesso discorso o quasi, per quanto riguarda il merchandising,ovvero la memorabilità di un’esperienza turistica, detto in altro modo il souvenir di un tempo, la voglia di portarsi a casa un pezzetto di ciò che si è visto o visitato.”Piacenza è timida anche da questo punto di vista – ci dice l’architetto Bergonzi – il merchandising non c’è istituzionale e culturale non esiste, è un grosso peccato”
Il servizio completo nella prossima puntata di A Tutto Tondo
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