Il museo non s’ha da fare, le procedure sono corrette. E’ la sintesi del parere espresso dal Sovrintendente Luigi Malnati che ha incontrato i rappresentanti del comitato contro il cantiere di Palazzo ex Enel. Malnati, si legge in una nota “ha chiarito l’assoluta trasparenza, coerenza e legittimità delle procedure seguite dalla Soprintendenza”. È stato spiegato che la trasformazione dei manufatti in sito musealizzato e fruibile dal pubblico non è praticabile per almeno tre ragioni di conservazione, utilità e opportunità. Ragioni che non convincono i membri del comitato che ricordano che “il proprietario acquistò l’area sapendo che vi era un vincolo di destinazione pubblica, che solo dopo subì una variazione a causa di un cambio di destinazione. I reperti erano stati accertati dalla Sovrintendenza di Bologna; il vincolo del 1981 prevedeva di lasciare coperti i reperti ma di mantenere la possibilità di lavorarvi”. Un risultato importante il comitato l’ha ottenuto: dare avvio all’istruttoria di vincolo per tutelare i beni in via definitiva. La Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna proporrà all’amministrazione di Piacenza un piano per la tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico strutturato su tre punti: 1) l’elaborazione di una carta delle potenzialità archeologiche (analoga a quella redatta a Modena o Cesena) in grado di mappare e valutare previsionalmente i depositi archeologici presenti in area urbana 2) l’allestimento e apertura al pubblico delle sezioni dedicate all’Età del Ferro e periodo romano della città all’interno del Museo Civico Archeologico, da troppi anni chiuse al pubblico non certo per volontà della Soprintendenza. 3) l’analisi non distruttiva, effettuata con georadar e altri strumenti, di altri tratti di mura romane in una o più aree libere da edifici in modo da poter effettuare un intervento mirato in grado di fornire dati aggiornati e attendibili, alla luce delle moderne tecniche di scavo
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