In questo nostro mondo pieno di Festival che si alternano, si susseguono e si
rincorrono, divagando sui temi più vari (l’ultimo in ordine di tempo il Festival della Nebbia), quello che rappresenta una costante negatività nell’ambito della politica piacentina di governo, di ieri e di oggi, è il Festival dell’ipocrisia.
Festival che si aggiorna quasi quotidianamente.
L’ultimo episodio è legato alla visita della delegazione dell’Emilia-Romagna, lo
scorso mese di ottobre, al Parlamento Europeo a Bruxelles, in occasione della
Cerimonia del Patto dei Sindaci 2025, sulle politiche in materia di neutralità e
resilienza climatica.
In quella occasione la nostra Sindaca avrebbe testualmente dichiarato (vedasi
rassegna del 23/10/2025) che “essere parte di una rete europea come il Patto dei Sindaci significa assumersi la responsabilità di tradurre gli obiettivi climatici in azioni concrete a livello locale”.
Bene. Brava. Bis.
Peccato che qualche giorno dopo abbiamo scoperto dal Rapporto ISPRA “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” – Edizione 2025 – di aver vinto la gara di “chi fa peggio” sul consumo e degrado di suolo. Fattore che, sino a prova contraria, condiziona pesantemente le dinamiche climatiche e, soprattutto, le conseguenze dei fenomeni sempre più estremi.
Dalle 411 pagine di Rapporto scopriamo infatti che le maggiori perdite di suolo nel 2024 si registrano in Emilia-Romagna (1.013 ettari di nuove aree artificiali) e che in provincia di Piacenza, dove pesa soprattutto l’impatto della logistica, il consumo di suolo nel 2024 è arrivato al 7,74% del totale (7,68% nel 2023 e 7,66% nel 2022). In un anno sono spariti altri 100 ettari di terreno naturale, con l’area coperta da nuove superfici artificiali che sfiora i 20.000 ettari (19.990).
Così, sempre lo scorso anno, il suolo consumato pro capite in provincia di Piacenza ha superato i 700 metri quadrati (700,45 mq.) certificando, sotto questo profilo, che il dato Piacentino è il più elevato di tutta l’Emilia-Romagna, a fronte dei 453,18 metri quadrati per abitante della media regionale e quasi il doppio dei 365,85 registrati a livello nazionale.
Tutto ciò nonostante che il regolamento europeo sul ripristino della natura imponga l’azzeramento della perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e il loro incremento dal 2031.
Arrestare il consumo di suolo nel nostro Paese permetterebbe, infatti, di fornire un contributo fondamentale per affrontare proprio le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema, dalla perdita di biodiversità.
Certo, i dati del Rapporto sono del 2024 e riguardano l’intero territorio provinciale ma è pur vero (lo sa bene chi non ha le fette di salame davanti aglio occhi) che mai come oggi la nostra città è un territorio sotto assedio urbanistico.
Basti pensare ai principali interventi/cantieri che stanno trasformando, oggi,
Piacenza: Ospedale Nuovo (con i due attuali nosocomi “convitati di pietra”), area ex Camuzzi, area ex ACNA, Polo Logistico, Terre Padane, Casa della Comunità (via Gadolini), Piazza Cittadella, Piazza Casali, Porta Borghetto. Più una marea di interventi minori che sfuggono all’attenzione dei più (gli ultimi trattati in Consiglio Comunale: nuova sede di Confindustria in zona S. Antonio, App7 Veggioletta).
Tutti cantieri e opere d’attualità (in fase di realizzazione o prossimi) che stanno
trasformando, in buona parte, il nostro territorio comunale: mangiando suolo,
consumando terreno fertile. sputando cemento e asfalto, emettendo smog e
inquinamento diffuso. Con tutte le conseguenze sulla salute.
Centinaia di migliaia di metri quadri impermeabilizzati e milioni di metri cubi di
nuove volumetrie che, alla faccia del prossimo Piano Urbanistico Generale
(dimenticato in qualche recondito cassetto) mettono oggi un timbro indelebile su questa imbarazzante edizione piacentina del Festival dell’Ipocrisia 2025.
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