Sono 208 le prestazioni sanitarie contenute nella bozza di decreto che potrebbero diventare totalmente a carico dei pazienti. Un provvedimento che, ancora prima di diventare operativo, fa già discutere. L’obiettivo, dichiarato dal ministero della salute è quello di abbattere gli sprechi e portare un risparmio alla casse pubbliche. Ma sulla pelle dei cittadini? Si chiedono in tanti. Questa operazione si renderebbe necessaria per garantire l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, per evitare esami e visite inutili che costano al Servizio Sanitario Nazionale circa 13 miliardi di euro. La bozza prevede, oltre alle 208 prestazioni, anche le linee guida di prescrizione per i medici, le sanzioni ad essi comminabili e le deroghe alla prescrizione e al pagamento della stessa. Il nocciolo della questione sta proprio qui: come si può stabilire, a priori, tramite legge come e quando prescrivere una prestazione? “In questo modo si affronta il problema dalla coda – ha spiegato Guglielmo Lanza rappresentante sindacale dei medici della Cgil – una lista di proscrizione significa dal termine e non ottenere risultati”. Per non affrontare il problema dalla coda, ma risalendo dal principio, un altro tema fondamentale è quello della medicina difensiva. Le cause, tra civili e penali, negli ultimi 20 anni sono triplicate, toccando quota 30 mila. Per sgravare il sistema sanitario nazionale, un altro elemento che andrebbe potenziato è il ruolo delle Case per la Salute: in grado, se funzionano a dovere, di prendersi carico del paziente con patologie cronica, nel suo percorso terapeutico, mettendo in rete ospedale e territorio. A livello provinciale sono già operative a Podenzano, Carpaneto e Bettola, l’obiettivo è arrivare a undici.
Abbiamo intervistato Guglielmo Lanza, rappresentante sindacale dei medici per la Cgil e Stefania Pisaroni, responsabile Sanità FP Cgil
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