SANGALLI, CONFCOMMERCIO: “IL COMMERCIO SIA IN CIMA ALLE PRIORITA’ DEI GOVERNI”

E’ stato il turismo come leva per lo sviluppo economico del
territorio, il tema centrale dell’80° assemblea di Confcommercio Piacenza che si è svolta al Palabanca Eventi di via Mazzini. Fra gli ospiti il presidente di Confcommercio per l’Italia Carlo Sangalli, il ministro Tommaso Foti e le principali autorità locali.

Il turismo quindi come driver per il commercio e la valorizzazione dei negozi di vicinato che svolgono anche una importante funzione di presidio sociale. Per il territorio piacentino, il presidente Raffaele Chiappa ha confermato di voler continuare a potenziare, in particolare, il turismo convegnistico e sportivo.

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“VIOLENZE SESSUALI E ATTI PERSECUTORI: 32 EPISODI IN 45 GIORNI” ARRESTATO PRIMARIO DELL’OSPEDALE DI PIACENZA

Violenze sessuali aggravate e atti persecutori: 32 episodi rilevati in 45 giorni. Dalle violenze ai rapporti sessuali completi, registrati mediante monitoraggio ambientale audio/video. Per questo un primario dell’ospedale di Piacenza è stato tratto in arresto su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza; la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Piacenza con l’arresto del medico primario, sottoposto ad indagini per violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Lo ha reso noto la Questura di Piacenza attraverso una nota.

“Contestualmente, è stata data esecuzione ad un decreto di perquisizione esteso ai luoghi di lavoro a carico dell’arrestato, per proseguire con gli accertamenti.  Le indagini delegate alla Squadra Mobile di Piacenza sono state svolte anche grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, ed hanno permesso di cristallizzare un inquietante scenario all’interno dell’Ospedale di Piacenza”.  Viene precisato inoltre come il primario compisse sistematicamente atti sessuali ai danni delle dottoresse ed infermiere in servizio presso il reparto da lui diretto. Le vittime, in stato di soggezione ed intimorite da eventuali conseguenze pregiudizievoli, a livello lavorativo o familiare, se si fossero opposte, subivano quotidiani abusi sessuali. In almeno due casi – si precisa- la condotta è arrivata anche a configurare il delitto di atti persecutori per la continuità con cui le vittime venivano costrette a subire gli atti sessuali, con il timore di ripercussioni nel caso avessero scelto di sottrarsi agli abusi”. 

“Di fatto, il Medico Primario – Direttore di Struttura Complessa agiva come se le dipendenti fossero a sua disposizione anche sessualmente, e per questo non si faceva scrupoli a compiere atti sessuali, anche durante le normali attività e conversazioni di lavoro.

A scoperchiare il vaso è stata una dottoressa in servizio presso quel reparto, che ha denunciato di aver subito “per la prima volta un’aggressione sessuale all’interno dello studio del medico, segnalando il gravissimo fatto occorso alla Direzione Sanitaria dell’Ausl ed alla Questura di Piacenza. La vittima aveva subìto l’aggressione dopo essersi recata nell’ufficio del capo per discutere delle ferie, ed era stata chiusa a chiave nella stanza, sbattuta contro un mobile e costretta a subire atti sessuali, interrotti solo dal casuale arrivo di un collega che bussava alla porta”.

“Le indagini della Squadra Mobile hanno permesso in un ristrettissimo arco temporale di raccogliere numerosissimi elementi a carico del Primario per condotte ai danni di altre collaboratrici, dimostrando come l’aggressione dottoressa non fosse un caso isolato.
Le immagini registrate (peraltro nel ristretto arco temporale di un mese e mezzo) presso lo studio all’interno dell’Ospedale permettevano di acclarare il compimento pressoché quotidiano di atti sessuali in orario di servizio”. 

CLIMA FORTEMENTE OMERTOSO
La Questura specifica come sia stato complesso condurre le indagini per “il clima di forte omertà all’interno del Reparto, che ha portato diverse vittime a essere reticenti in prima battuta con gli investigatori circa quello che stavano patendo. Nel corso delle indagini, una seconda Dottoressa, appositamente invitata in Questura, aveva deciso di sporgere denuncia e raccontare degli abusi subiti, per poi ritirarla il giorno successivo per timore delle conseguenze lavorative e familiari.
Sono al momento diverse le vittime individuate che hanno confermato gli abusi sessuali, ma, come i video e le immagini estrapolati dimostrano chiaramente, si tratta solo di parte delle donne costrette a subire atti di violenza.

Di fatto, il Primario compiva atti sessuali con quasi tutte le donne che varcavano da sole la porta del suo Ufficio, all’occorrenza chiudendole nella stanza e bloccandole. Sebbene siano stati anche registrati all’interno dell’ufficio dei rapporti sessuali consenzienti con alcune operatrici, peraltro nell’orario di servizio, nella maggior parte dei casi le condotte erano espressione di atteggiamenti prevaricatori, evidenziati dalle riprese audio-video. E’ stato registrato come l’accusato abbia appositamente convocato una collega consenziente per sfogare la sua libidine, insoddisfatta dai soli palpeggiamenti ai danni di una vittima avvenuti pochi minuti prima. Le flebili resistenze delle vittime, ormai in stato di prostrazione, erano vinte di volta in volta, ed ogni giorno ricominciavano nuovi abusi.
Si è riscontrato, in sintesi, che per il personale sanitario di sesso femminile, entrare nell’ufficio del Primario per questioni lavorative significava dover sottostare ad atti sessuali: circostanza, questa , che , se rapportata ad un ambito lavorativo formato da persone in astratto di alto livello culturale, non può che destare stupore e persino incredulità.

Il primario veniva definito come un uomo “potente” sia per il ruolo all’interno dell’Ausl sia per le sue “conoscenze”, e tale posizione aveva determinato nel personale sanitario una forte soggezione, derivante anche dal fatto che esporsi nei suoi confronti avrebbe comportato ripercussioni nella vita lavorativa e personale.
L’ambiente ospedaliero si è dimostrato gravemente omertoso ed autoreferenziale – è l’amara considerazione della Questura – in quanto le condotte prevaricatrici del primario erano da tempo note a gran parte del personale, tanto che lo stesso si vantava nei discorsi con colleghi uomini di quanto compiva ai danni delle vittime, ricevendo in talune occasioni persino suggerimenti sugli atti sessuali da compiere in futuro. Le violenze all’interno del Reparto poi non hanno certamente giovato agli utenti, in quanto le operatrici erano costantemente turbate dagli abusi che erano costrette a subire, ed il Primario per contro distratto dal costante impulso sessuale dalle proprie attività lavorative, che avrebbe dovuto essere orientate esclusivamente al benessere dei pazienti a lui affidati”.

HUB CITTA’ DI PIACENZA: UN CENTINAIO LE REALTA’ CHE HANNO ADERITO. ASS. FRISONI “PROGETTO INNOVATIVO”

Sono un centinaio le realtà commerciali che hanno aderito a quella che l’assessore Fornasari aveva definito “chiamata alle armi”, ovvero l’Hub Città di Piacenza. Il tavolo, oltre l’associazione vita in centro e Camera di Commercio, si è allargato anche a CNA, Confedilizia e FIAIP. A certificare i progetti che ora parteciperanno al bando regionale, c’era anche anche l’assessore al commercio Roberta Frisoni. La regione ha stanziato in tutto, per tre anni, 15milioni di euro per gli investimenti, più 5 milioni di parte corrente per la progettazione.

Tra le deleghe dell’assessore anche il turismo; reduce dalle fiere di Berlino e Monaco, ha riscontrato un forte interesse soprattutto per le città d’arte, di cui Piacenza fa parte a pieno titolo.

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AGGRESSIONE AI SANITARI, ASL: “IN DUE ANNI 28 CORSI PER 400 PROFESSIONISTI. LA SICUREZZA E’ LA PRIORITA’ ASSOLUTA”

In occasione della Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari e socio-sanitari, l’Azienda Usl di Piacenza ribadisce il proprio impegno nella tutela del personale, attraverso strategie mirate di prevenzione, formazione e collaborazione interistituzionale. Un impegno concreto, che si traduce in programmi di formazione, analisi dei rischi, miglioramento degli ambienti di lavoro e cooperazione con le Forze dell’ordine per garantire la sicurezza degli operatori sanitari, in particolare nelle situazioni di emergenza.

“La violenza nei confronti del personale sanitario – sottolinea Paola Bardasi, direttore generale dell’Ausl di Piacenza – è un fenomeno grave che mina il rapporto di fiducia tra operatori e cittadini. Proteggere chi si prende cura della collettività significa non solo adottare misure di sicurezza efficaci, ma anche promuovere una cultura del rispetto e della responsabilità condivisa. Il nostro impegno è costante per garantire le necessarie condizioni di sicurezza a chi opera nel servizio sanitario.
Prevenzione e formazione sono leve essenziali per ridurre i rischi e tutelare gli operatori, in sinergia con le altre istituzioni e le Forze dell’ordine”.

Sul fronte della prevenzione, l’Azienda porta avanti un programma di formazione mirato per preparare gli operatori a riconoscere e gestire situazioni di conflitto prima che possano degenerare. Giampietro Scaglione, direttore del Servizio di prevenzione e protezione, evidenzia l’importanza di un approccio integrato che coniughi formazione, monitoraggio e miglioramento degli ambienti di lavoro. “L’analisi dei rischi è fondamentale per individuare le criticità e mettere in atto soluzioni efficaci. Il nostro obiettivo è creare un ambiente sicuro per chi lavora in sanità, riducendo il più possibile i fattori di stress e di esposizione a potenziali aggressioni”.

Negli ultimi anni, l’Azienda ha avviato percorsi formativi specifici per gli operatori sanitari, con simulazioni pratiche e strategie di gestione del conflitto.

“Dal 2023 – prosegue Scaglione – abbiamo attivato un nuovo corso sulla prevenzione del rischio aggressioni e violenza verso degli operatori in sanità, con l’obiettivo di fornire strumenti concreti per affrontare situazioni critiche. Nel biennio 2023/2024 sono stati effettuati 28 corsi con circa 400 professionisti tra Pronto soccorso, Servizi per l’accesso e Cure primarie. Il focus è sulla prevenzione e sulla gestione delle situazioni di tensione attraverso tecniche di de-escalation, esercitazioni pratiche e role-playing”.

Altri 8 corsi sono programmati nel 2025 altrettanti da programmare entro dicembre 2025.

Il Servizio di prevenzione e protezione è attivo anche sul fronte del monitoraggio e gestione degli episodi di aggressione.

“Abbiamo istituito un gruppo di lavoro aziendale dedicato che si riunisce trimestralmente – aggiunge Scaglione – per analizzare i singoli episodi e proporre misure correttive. Inoltre, grazie alla presenza di una psicologa del lavoro all’interno del nostro Servizio, siamo in grado di supportare gli operatori sanitari che hanno subito episodi di violenza, fornendo un aiuto concreto per la gestione dell’impatto emotivo”. Inoltre il Servizio di Prevenzione e Protezione ha attivato due gruppi di lavoro specifici con dipartimenti a maggior rischio: quello di Salute mentale e Dipendenze patologiche e quello di Emergenza-urgenza e Area critica – con l’obiettivo, tramite il contributo della psicologa del lavoro, di consolidare il lavoro di rete fra operatori, attraverso il monitoraggio dei vissuti emotivi emergenti a seguito di episodi di violenza verbale e fisica rilevanti e modalità funzionali alla gestione di situazioni potenzialmente pericolose e per fronteggiare fattori stressogeni rilevanti.

Se negli ambienti ospedalieri il miglioramento delle condizioni di sicurezza passa anche attraverso interventi strutturali, come quelli recentemente introdotti nel Pronto soccorso di Piacenza, per il personale del 118 la protezione passa necessariamente dalla sinergia con le Forze dell’ordine. Gli episodi verificatisi negli ultimi mesi ne sono una dimostrazione.

“La gestione delle emergenze sanitarie sul territorio – spiega Stefano Nani, dirigente delle Professioni sanitarie Area emergenza territoriale 118, Pronto soccorso e Cau – richiede spesso un intervento coordinato tra sanitari e Forze dell’ordine, soprattutto in situazioni critiche dove il rischio di aggressioni è elevato. Il caso più recente, avvenuto a inizio marzo a Piacenza, è emblematico: un equipaggio del 118 si è trovato di fronte a una persona armata di coltello, che rappresentava un pericolo immediato. L’intervento tempestivo dei Carabinieri ha evitato che la situazione degenerasse in un episodio ancora più grave, permettendo agli operatori di portare a termine il soccorso in sicurezza”.

Anche in altri contesti, la presenza delle forze dell’ordine si è rivelata decisiva per garantire la sicurezza del personale sanitario.

“Un altro esempio significativo è avvenuto nell’estate 2023, quando un equipaggio di ambulanza del volontariato Anpas è stato aggredito durante un soccorso per un grave trauma cranico da arma da fuoco. In questi casi, la collaborazione tra il 118 e le Forze dell’ordine non è solo utile, ma è un elemento imprescindibile per la tutela degli operatori e dei pazienti stessi”.

Sempre nell’estate del 2023 presso una discoteca locale un’aggressione fisica nei confronti di un infermiere e di personale di volontariato di Croce Rossa è stata contenuta in breve tempo grazie all’intervento e alla collaborazione con le Forze dell’ordine.

“Non possiamo limitarci a gestire le emergenze – è la considerazione finale del dottor Scaglione – ma dobbiamo costruire un sistema che riduca il rischio alla radice, con formazione, monitoraggio e innovazione nelle procedure di sicurezza”.

“Il messaggio della Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari – conclude il direttore Bardasi – è chiaro: la sicurezza di chi si prende cura della salute pubblica deve essere una priorità assoluta. L’Ausl di Piacenza conferma il proprio impegno nel garantire ambienti di lavoro protetti e nell’intensificare la collaborazione con istituzioni e forze dell’ordine per costruire un sistema sanitario più sicuro e rispettoso per tutti”.

 

 

 

L’importanza della collaborazione con le forze dell’ordine negli interventi di emergenza

Se negli ambienti ospedalieri il miglioramento delle condizioni di sicurezza passa anche attraverso interventi strutturali, come quelli recentemente introdotti nel Pronto soccorso di Piacenza, per il personale del 118 la protezione passa necessariamente dalla sinergia con le Forze dell’ordine. Gli episodi verificatisi negli ultimi mesi ne sono una dimostrazione.

“La gestione delle emergenze sanitarie sul territorio – spiega Stefano Nani, dirigente delle Professioni sanitarie Area emergenza territoriale 118, Pronto soccorso e Cau – richiede spesso un intervento coordinato tra sanitari e Forze dell’ordine, soprattutto in situazioni critiche dove il rischio di aggressioni è elevato. Il caso più recente, avvenuto a inizio marzo a Piacenza, è emblematico: un equipaggio del 118 si è trovato di fronte a una persona armata di coltello, che rappresentava un pericolo immediato. L’intervento tempestivo dei Carabinieri ha evitato che la situazione degenerasse in un episodio ancora più grave, permettendo agli operatori di portare a termine il soccorso in sicurezza”.

Anche in altri contesti, la presenza delle forze dell’ordine si è rivelata decisiva per garantire la sicurezza del personale sanitario.

“Un altro esempio significativo è avvenuto nell’estate 2023, quando un equipaggio di ambulanza del volontariato Anpas è stato aggredito durante un soccorso per un grave trauma cranico da arma da fuoco. In questi casi, la collaborazione tra il 118 e le Forze dell’ordine non è solo utile, ma è un elemento imprescindibile per la tutela degli operatori e dei pazienti stessi”.

Sempre nell’estate del 2023 presso una discoteca locale un’aggressione fisica nei confronti di un infermiere e di personale di volontariato di Croce Rossa è stata contenuta in breve tempo grazie all’intervento e alla collaborazione con le Forze dell’ordine.

“Non possiamo limitarci a gestire le emergenze – è la considerazione finale del dottor Scaglione – ma dobbiamo costruire un sistema che riduca il rischio alla radice, con formazione, monitoraggio e innovazione nelle procedure di sicurezza”.

“Il messaggio della Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari – conclude il direttore Bardasi – è chiaro: la sicurezza di chi si prende cura della salute pubblica deve essere una priorità assoluta. L’Ausl di Piacenza conferma il proprio impegno nel garantire ambienti di lavoro protetti e nell’intensificare la collaborazione con istituzioni e forze dell’ordine per costruire un sistema sanitario più sicuro e rispettoso per tutti”.

SERVIZI SOCIALI: “MAI RICEVUTE SEGNALAZIONI DI COMPORTAMENTI VIOLENTI O MINACCIOSI DALLA FAMIGLIA DELLA 13ENNE”

I Servizi Sociali del Comune intervengono, con una nota, sulla tragedia che colpito Aurora e la sua famiglia, su cui gli inquirenti stanno cercando di fare luce lavorando senza sosta.

“I Servizi sociali del Comune di Piacenza conoscono da tempo la situazione dell’intero nucleo familiare di Aurora e, come da disposizioni ricevute, la tengono monitorata congiuntamente agli operatori Asl.

Da parte della madre di Aurora, i Servizi avevano raccolto alcune comunicazioni riferite al ragazzo frequentato dalla stessa figlia minore; la signora lo riteneva una compagnia non gradita e riferiva una certa difficoltà a gestirne la presenza in casa, a volte anche notturna. Tuttavia la madre della 13enne non ha segnalato ai Servizi sociali comportamenti violenti da parte del ragazzo e non ha mai comunicato di aver sporto denuncia alle Forze di Polizia.

Da parte della ragazza, per tramite dell’educatrice che periodicamente la incontrava, i Servizi sociali erano a conoscenza del rapporto con il minorenne in questione; un rapporto personale che in un’occasione è stato descritto come segnato dalla gelosia da parte del 15enne ma senza che venisse fatto riferimento a suoi comportamenti minacciosi o violenti.

Si tenga conto che gli incontri tra la ragazza e l’educatrice professionale incaricata dai Servizi sociali del Comune inizialmente si svolgevano una volta alla settimana ma nell’ultimo mese la frequenza era salita a due volte alla settimana proprio per seguire maggiormente la giovane in una fase importante della sua vita, ovvero l’inizio del primo anno di Scuole superiori.

In nessun caso, comunque, segnalazioni di comportamenti violenti o anche solo minacciosi sono state fatte ai Servizi sociali né dai familiari di Aurora né da altre persone”.

Questi sono passaggi fondamentali, in cui i Servizi ribadiscono che la situazione familiare, così come il rapporto difficile con il 15enne, erano sotto la lente, ma mai, da parte dei familiari, si sarebbe fatto riferimento a comportamenti minacciosi o violenti.

“Se tali segnalazioni fossero state fatte – si sottolinea nella nota – i Servizi sociali avrebbero di certo provveduto ad allertare le Forze dell’ordine, anche eventualmente sporgendo denuncia direttamente, come avviene di norma in caso di segnalazioni del genere e come infatti è avvenuto in numerose occasioni.

I Servizi sociali del Comune, i suoi dirigenti e i suoi operatori professionali, e naturalmente gli amministratori dell’Ente, si sono immediatamente messi a totale disposizione degli inquirenti per qualsiasi esigenza ritengano di avere nello svolgimento del proprio lavoro investigativo.

Un lavoro delicato che si spera possa far luce su un episodio che ha colpito tragicamente la famiglia e gli amici della giovane Aurora e che ha scosso nel profondo un’intera comunità. Al dolore di chi era legato alla ragazza partecipano anche gli operatori dei Servizi sociali comunali e gli educatori che con lei e con la sua famiglia avevano avuto contatti e hanno tutt’ora contatti nello svolgimento di un lavoro più complesso di quanto possa immaginare chi non ne conosce le dinamiche”

“AURORA HA CERCATO DI AGGRAPPARSI ALLA RINGHIERA, MENTRE LUI LA COLPIVA”. L’AGGHIACCIANTE ACCUSA DEL TRIBUNALE

La scena si riempie di particolari che vanno a comporre un quadro sempre più chiaro. Come se l’immagine di quanto accaduto quel venerdì mattina di autunno si facesse nitida e trasparente. Qualcuno avrebbe visto la scena e l’avrebbe raccontata agli inquirenti che stanno lavorando, senza sosta, per cercare di chiudere il cerchio.

Un testimone oculare avrebbe descritto i due ragazzini sul terrazzo del settimo piano; lei che viene spinta oltre la ringhiera e cerca, in ogni modo, di restare aggrappata alla vita, “ma il 15enne, a quel punto, l’avrebbe colpita ripetutamente alle mani con l’obiettivo di farla cadere” nel vuoto. E’ l’accusa del Tribunale. Agghiacciante. Aurora si sarebbe resa conto di quanto stava accadendo. Il ragazzo ancora nega, affermando di aver assistito inerme alla scena mentre lei si gettava nel vuoto. Questo è ciò che va ripetendo dal carcare minorile di Bologna dove si trova da lunedì.

Dall’esame autoptico emergeranno altri dettagli che potrebbero andare a rafforzare il quadro accusatorio, confermando quanto ricostruiti dagli inquirenti. In particolare, se sotto le unghie della 13enne venisse trovato DNA del ragazzo significherebbe che c’è stata una colluttazione precedente la caduta.

La madre, la sorella e le amiche non hanno mai creduto al gesto volontario; “l’ha buttata giù lui, non era pazza né depressa, è stata l’ennesima vittima di violenza”, aveva scritto la sorella maggiore sui social. La madre racconta di una relazione che la figlia voleva interrompere ma che il ragazzo cercava di recuperare in ogni modo: appostamenti, messaggi, ogni azione al limite dell’ossessione. Perché per lui Aurora era diventata un oggetto da possedere ad ogni costo, per appagarlo e farlo stare bene. Lei invece con lui aveva paura, voleva smettere di vederlo, troncare ogni rapporto, ma non ci è riuscita. Ha chiesto aiuto ma forse non è bastato. La seguiva, la strattonava in mezzo alla strada, come è accaduto poche settimane fa alla stazione degli autobus, le impediva di telefonare alle amiche, di divertirsi come una 13enne ha il sacrosanto diritto, di fare esperienze, di conoscere gente nuova. C’era solo e unicamente lui. Malato di lei.

“RESTERAI SEMPRE IL MIO PICCOLO ANGELO. LUI ERA OSSESSIONATO”, LO SFOGO DELLA SORELLA DELLA 13ENNE MORTA DOPO LA CADUTA. IL RAGAZZO INDAGATO PER OMICIDIO

Omicidio volontario. L’indagine sulla morte della 13enne precipitata dal tetto del palazzo dove abitava, in via IV Novembre, è per omicidio volontario e, in vista dell’autopsia, il 15enne che era con la ragazza è stato indagato e ha ricevuto un avviso di garanzia. Interrogato per ore, poi è stato rilasciato. Questo è il filone che la Procura sta seguendo per fare luce su quello che è accaduto su quel terrazzo.

Poi c’è tutto il travaglio e l’angoscia che un fatto così grave porta con sé. E allora diventano fondamentali, anche per le indagini, la famiglia della ragazzina, gli amici, coloro che rientravano nella cerchia più stretta delle conoscenza. Proprio chi la conosceva meglio esclude che possa trattarsi di un gesto estremo. La madre definisce il rapporto tra la figlia e il 15enne tormentato e problematico. La sorella sui social parla di un’ossessione “lei ha provato in tutti i modi a liberarsi di questo reietto”, e ancora “ti amerò per sempre mio piccolo angelo”.  E mentre la Procura di Bologna precisa che tutte le ipotesi restano, per ora, aperte “non è ancora possibile esprimersi – viene sottolineato – sulla natura accidentale o volontaria della caduta, né se la stessa sia stata procurata da terzi”, la sorella scrive quella parola che non vorremmo più leggere, femminicidio.

 

CITTADELLA: ABBATTIMENTO DEGLI ALBERI SOSPESO. IL GIUDICE DECIDE IL RINVIO

Moratoria dell’abbattimento fino al termine del procedimento. Stiamo parlando dei 15 alberi di piazza Cittadella intorno al destino dei quali si è svolta l’udienza per il ricorso presentato da Legambiente e 11 cittadini residenti.
Il giudice Antonino Fazio, dopo poco più di un’ora e mezza alla presenza delle parti, ha disposto che il comune non chieda al concessionario Piacenza Parcheggi, rappresentato dall’avvocato Nicola Grasso Peroni, di intervenire per l’abbattimento fino a nuova data. Il giudice si è riservato di studiare le carte e potrebbe invitare le parti a depositare altri atti difensivi rispetto ai temi trattati. Per ora, in attesa di una nuova data, l’abbattimento degli albero è sospeso.

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SINDACA TARASCONI SU INDAGINE GUARDIA DI FINANZA: “UNA VICENDA DAI CONTORNI INQUIETANTI. IL COMUNE, COME ALTRI ENTI IN ITALIA, E’ PARTE OFFESA”

Ecco il commento della sindaca Tarasconi a seguito dell’indagine della Guardia di Finanza sulle false fideiussioni.

“Con riferimento al caso della polizza fideiussoria presentata dalla società concessionaria Piacenza Parcheggi a garanzia del canone annuo per la gestione degli stalli di sosta, polizza poi risultata falsa, apprendiamo dalla Procura della Repubblica – che ha comunicato l’esito di un’articolata indagine svolta dalla Guardia di Finanza – che il Comune di Piacenza è rimasto coinvolto in un colossale e multimilionario giro di truffe su scala nazionale. L’ente piacentino è dunque uno dei tanti in Italia che purtroppo, allo stato degli atti, si trova ad essere parte offesa in questa disdicevole vicenda, come ha chiarito la stessa procuratrice Grazia Pradella in una nota ufficiale. Una vicenda che, con l’individuazione del presunto autore dei documenti falsi, sta ora assumendo contorni più chiari. E si tratta di contorni inquietanti, visto il coinvolgimento come parti offese di tanti enti pubblici, società partecipate, enti di ricerca e addirittura un Ministero”.

CITTADELLA, LODETTI: “C’E’ LA BANCABILITA’ “. MA FORSE E’ A META’. I DUBBI DEI CONSIGLIERI

Il nodo è ancora quello della bancabilita. Sì, perché neppure passato il 31 maggio, data entro la quale piacenza parcheggi avrebbe dovuto presentare la documentazione bancaria, si ha questa certezza. O meglio, l’amministratore delegato Filippo Lodetti Alliata, nell’audizione in commissione 5, ha accompagnato da Antonio Di Donna, direttore generale Global Parking Solution, la bancabilità dice di averla presentata all’amministrazione, per la precisione ha dichiarato che “la banca capofila del pool, la banca del Fucino, ha emesso una delibera alla quale deve seguire anche la delibera della seconda”. Al momento la seconda banca ha sottoscritto un documento attraverso cui assicura alla banca capofila che accetta attraverso precise condizioni della banca primaria. Ma quale siano queste condizioni non è dato sapere, neppure quale sia la seconda banca del pool. E per i tempi? Lodetti Alliata parla di tempistiche tecniche.
è per questo che qualche dubbio resta eccome. Anche perché, nell’ultima commissione, il direttore generale Luca Canessa era stato molto chiaro: se entro il 31 maggio non fosse arrivata la bancabilità, l’amministrazione sarebbe stata nelle condizioni di recedere il contratto.
È stato lo stesso presidente trespidi ad aprire la commissione proprio con la richiesta della bancabilità

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