PIAZZA CITTADELLA, BARACCHI: “CI VUOLE RISPETTO PER LE PROFESSIONALITA’ COINVOLTE”

Porta la firma dell’architetto Giuseppe Baracchi la progettazione della superficie di piazza Cittadella; la sua,  insieme a quella di una decina di altri colleghi e ingegneri emiliano romagnoli che hanno lavorato alla progettualità scelta, diventata il progetto esecutivo di piazza Cittadella, datato marzo 2019. Hanno lavorato insieme svariati anni, i progetti presentati erano quattro, e la sovrintendenza scelse quello che tutti oggi conosciamo.

Intorno, soprattutto nell’ultimo mese dopo l’ok del consiglio comunale all’inizio dei lavori, si è scatenato un acceso dibattito; Baracchi vorrebbe che riportare l’attenzione sul rispetto del lavoro di decine di professionisti.

BARACCHI: “RESTRINGERE LA ZTL PER UN CENTRO STORICO DAVVERO PEDONALE”

A Vicenza avviene che la grande distribuzione percorre il centro a bordo di risciò a pedali, o elettrici o alimentati con piccoli pannelli solari. La suggestione arriva dall’architetto Giuseppe Baracchi che ricorda quando sei anni, era il 2016, con un’assessore dell’allora giunta Dosi, si parlava di riduzione del traffico del cosiddetto “ultimo miglio” attraverso l’utilizzo di mezzi dolci proprio come questi, magari utilizzando per il loro deposito aree dimesse. Chi si oppose furono proprio i grandi marchi della distribuzione.

Ma il discorso resta in piedi eccome se si guarda al PUMS, il piano urbano della mobilità sostenibile a cui è strettamente collegato il tema della qualità dell’aria e della vita in generale.

La proposta del Pums del comune di Piacenza prevede un allargamento della zona a traffico limitato. L’architetto baracchi e i giovani dello studio hanno pensato ad una riduzione della ztl alle quattro piazze cittadine, con pedonalizzazione totale, parcheggi in prossimità della zona traffico limitato e le mura e allargamento delle aree utili a parcheggio oltre le mura.

BARACCHI E LA VISIONE FUTURA DEL VECCHIO OSPEDALE

L’hanno chiamata Visione Futura, pensando una parte centrale da qui ai prossimi vent’anni. Un’idea nata in pieno lock down, quando tutto era fermo e chiuso. L’architetto Giuseppe Baracchi, insieme ai giovani colleghi di studio, a distanza, ha pensato alla trasformazione della zona dell’ospedale una volta che questo verrà ricostruito. Cosa fare dell’esistente? Riqualificare? Abbattere? La domanda principale è come restituire ad uno spazio la funzione di utilità. Certo la mobilità demografica, da oggi al 2040 cambierà eccome, tuttavia questa visione futura resta sullo sfondo, con il recupero del nucleo antico e la demolizione dell’attuale polichirurgico a parco urbano.

BARACCHI: “LOGISTICA DI QUALITA’? QUELLA CHE SI INTEGRA CON IL TERRITORIO”

Logistica, aree militari, mobilità, visione globale e progettualità: sono i temi della chiacchierata con Giuseppe Baracchi, presidente dell’Ordine degli Architetti di Piacenza, ospite della nuova puntata di Di Profilo. Perché una logistica sia di qualità occorre che la politica entri a gamba tesa mettendo paletti precisi, è il pensiero del presidente dell’Ordine, così come, per non creare altri vuoti urbani nelle aree demaniali, occorre capire le esigenze e i bisogni della città. Al termine dell’intervista Baracchi traccia un bilancio dell’esperienza da presidente che si concluderà tra pochi mesi.

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CARCERE: IL FUTURO E’ ABOLIRLO?

C’è chi, molto utopisticamente, vorrebbe abolirlo, chi potenziarlo. Certamente cambiarlo. La verità sembra stia nel mezzo, come scrivevano una volta gli antichi saggi. Sul tema carcere si scatenano le più disparate e il dibattito si accende. Abbiamo seguito l’incontro organizzato per la due giorni Piacenza e il carcere dove si sono confrontati la direttrice della casa circondariale delle Novate Caterina Zurlo, il garante dei detenuti Alberto Gromi e lo scrittore Lorenzo Calza.

Delocalizzare sì, ma a ragion veduta. E’ la posizione del presidente dell’Ordine degli Architetti Giuseppe Baracchi per non lasciare buchi neri in città laddove vengono trasferiti immobili o sedi. Proprio di sedi parliamo, se ci riferiamo agli spazi che verranno lasciati liberi dal vecchio ospedale una volta che verrà realizzata la nuova struttura, come è nelle previsioni dell’amministrazione. Certo, non prima di una decina d’anni. Più vicino il trasferimento della polizia municipale nell’area dell’ex consorzio agrario. La chiave di lettura è ancora una volta la pianificazione.

Ha raccontato storie di persone normali a cui la malattia ha, in parte cambiato un pezzo di vita. Elisabetta Paraboschi nel sui libro La vita ti riprende, otto storie a lieto fine del reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, ha intervistato otto persone, donne, uomini, mamme e papà, che ce l’hanno fatta difendendo con coraggio la quotidianità stessa.

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BARACCHI: “FACCIAMO DI PIACENZA LA CITTA’ DEI MERCATI”

Piacenza città dei mercati? Perché no. Il presidente dell’Ordine degli Architetti Giuseppe Baracchi formula l’idea, ai nostri microfoni, in modo strutturato e concretamente realizzabile. Un mercato diffuso, periodicamente programmato che coinvolga tutta la città, prima periferia compresa. Magari, in questo modo, si potrebbe colmare una lacuna che grava sulla città da anni, ovvero la mancanza di un brand. Piacenza è una città in trasformazione certo, resta innegabile però la sua vocazione, ovvero città di passaggio, votata al commercio, al mercato e al transito. Perché allora non puntare proprio su questo?

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“QUANDO TI FIDI TI AFFIDI”, IL PERCORSO DI LAURA ALLA LUNA STELLATA

Laura grazie alla comunità la Luna Stellata ha superato il suo problema legato alla dipendenza da sostanze. È stato un percorso lungo, faticoso, ci si è messa anche quella brutta ricaduta per colpa di un compagno violento, a rendere tutto più buio e difficile. Ma oggi Laura ce l’ha fatta e insieme al suo bambino si sta ricostruendo una vita. La Luna Stallata, che accoglie giovani mamme con problemi di dipendenza, oggi compie 20 anni. Accanto, inaugurata nel 2013, la Luna del Mattino una struttura protetta per donne maltrattate. Il nostro racconto inizia dalla storia di Laura.

 

Da un anno non è cambiato praticamente nulla. O meglio, sono cambiati i momenti ma urbanisticamente tutto è rimasto immutato. A dirlo è il presidente dell’ordine degli architetti Giuseppe Baracchi che, ad un anno di distanza da una intervista nella quale segnalava la necessità di ripensare Piacenza in una visione di più ampia progettualità, rileva una situazione immutata. Un paio di idee l’ordine degli archetti le ha, e anche ben confezionate, la sfida è renderle concrete. Per questo ci vuole, prima di tutto, la volontà delle amministrazioni.

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L’ARTE DEL RAMMENDO APPLICATA ALL’ARCHITETTURA

Partire dal basso per arrivare al grande. Partire cioè dalle piccole esperienze applicate ai microcosmi, quelle piccole aree come parchi gioco, piazze o angoli della città. Il convegno “Rigenerazione e riqualificazione dal micro al macro intervento”, organizzato dall’Ordine degli Architetti di Piacenza ha messo al centro del dibattito come altre realtà, simili alla nostra, abbiano trasformato grandi aree partendo dal basso, solo in un secondo momento è arrivato il contributo pubblico. Maria Cristina Garavelli, insieme ad altri colleghi architetti e ad una associazione ad essi collegata, ha progettato il recupero della Darsena di Ravenna. Il progetto è avanzato a piccoli passi fino a stuzzicare l’attenzione dell’amministrazione e di sponsor importanti che tutt’ora lo sostengono. Un modus operandi che Piacenza potrebbe e dovrebbe fare proprio, non solo per le grandi aree demaniali che torneranno alla città, ma partendo proprio dai microcosmi.

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NUOVO OSPEDALE, CE N’E’ BISOGNO?

L’annuncio è di quelli spiazzanti. L’assessore regionale alla sanità Sergio Venturi, nella sua visita piacentina, ha annunciato che la regione nei prossimi cinque anni investirà su due tre ospedali, quelli che più ne hanno necessità, tra cui quello piacentino. Un nuovo ospedale che si traduce in una nuova struttura? Viene da chiedersi: ma il nosocomio di Piacenza necessita di maggiori spazi rispetto a quelli attuali oppure si tratta di una modernizzazione dei luoghi? Riflessioni che davanti ad un annuncio di questo tipo ci sembrano doverose. Certo il tema porta con sè il recupero di spazi lasciati vuoti, e la mente corre alle ex caserme militari in via di dismissione che torneranno alla città. Ma i luoghi non mancano neppure all’interno dell’area che ospita attualmente l’ospedale, antichi chiostri del 400 oggi utilizzati come magazzini.

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BARACCHI: “MUSEO DELL’AGRICOLTURA, E’ DAVVERO NECESSARIO?”

E’ stato presentato la settimana scorsa in fase preliminare, e già qualche mal di pancia se l’è portato con sè. Il progetto del museo della meccanizzazione agricola ha creato non poco disagio soprattutto tra gli addetti ai lavori, architetti in primis, che hanno sollevato dubbi e perplessità sulle modalità, tempi e luoghi a cui si è arrivati a questa progettualità. Giuseppe Baracchi, presidente dell’Ordine, si è fatto portavoce di questo imbarazzo, attraverso questa nota:

“Dopo l’articolo in cui si illustrava per giusti sommi capi il Museo Interattivo sull’Agricoltura, non nego che parecchi colleghi architetti mi hanno inviato sms, mail, WhatsApp,messenger, FaceBook (e’ questo il mondo della multimedialità) e altro per manifestare un certo disagio in merito alla notizia. Ora che da più tempo si sapesse di questa “progettualità” non ci sono dubbi, ma ciò che i colleghi hanno fatto notare sono i tempi, luoghi e modalità con cui si è arrivati a tutto ciò. Ho atteso e pensato molto prima di scrivere queste note ma essendo Presidente di Ordine Professionale che comprende tecnici liberi professionisti, professori universitari, tecnici comunali, dipendenti a vario titolo di società, ho l’obbligo di difendere la professionalità di alcuni colleghi e allo stesso tempo farmi portavoce di coloro che esprimono discrete e pacate contrarietà, il tutto nel puro spirito collaborativo e di chiaro ed onesto dibattito culturale.Vedo di porre in linea le criticità espresse:

  1. Uno dei punti riguarda l’incarico assegnato in modo diretto. Certo può essere incarico fiduciario sotto soglia ed ogni riferimento o allusione viene automaticamente cancellata ma i dubbi a molti sono rimasti sulle modalità;

  2. Se incarico (fiduciario o meno, pubblico, privato, misto) sono stati rispettati i parametri di riferimento del D.M. 143/2013 riguardante le tariffe prestazionali per le opere pubbliche?

  3. Con quale criterio e modalità si presenta un progetto su un’area ad oggi non ancora passata al Comune di Piacenza? Non poteva essere fatto un piccolo bando di concorso di progettazione nell’attesa che il bene diventi Comunale?

  4. Perché fare conferenza Stampa in Sala Consigliare per illustrare un progetto su un bene non ancora di proprietà Comunale? Dai messaggi che mi sono giunti è sembrato almeno improprio, certo, il bene vi arriverà con tempi forse anche brevi, ma ad oggi pare non ancora essere di proprietà ed una “pubblicità” gratis ha creato pacati malumori.

  5. Ma è veramente necessario un Museo dell’Agricoltura? Si sono fatti studi sulla reale capacità gestionale del bene? Con quali risorse (ad oggi paiono non esserci) si opererà per la sua realizzazione?

Personalmente invece rispondo pubblicamente ad alcune domande che ponevano dubbi professionali:

  1. Ho l’obbligo/dovere di difendere la professionalità di colleghi che svolgono la loro attività di architetti con decennale competenza;

  2. La presenza di un Consigliere dell’Ordine non ha nessun significato, in quanto la stessa collabora con capacità e professionalità da parecchi anni con lo studio che ha redatto il progetto;

  3. Sarà compito e ruolo dell’Ordine avere sempre più un ruolo collaborativo e propositivo, mai di diniego ma di eventuale critica costruttiva, nelle proposte che l’Amministrazione farà in ambito Urbanistico, ponendosi a servizio per le competenze che può esprimere.

Queste le domande espresse a cui sono seguite alcune precise risposte.

Cosa dire? Nulla di più. La speranza è che una buona volta si esca dalle progettualità “preconfezionate” sotto forma di tesi di laurea, di studi o ricerche universitarie, di progettualità sorte per proporre utilità alla città, spesso proposte con casualità, senza una strategia complessiva di che cosa Piacenza abbia realmente necessità. Piacenza deve si trasformarsi, non a spot ma su progettualità complessiva, d’insieme, sulle reali necessità dei cittadini, non per parti ma attraverso un ascolto che l’Amministrazione sta ponendo in atto. Tanti progetti sono pronti da mesi, ma ancora non vedono la luce. Per pastoie burocratiche, volontà politiche, difficoltà progettuali, di rapporti con enti ed istituzioni, di dialogo tra parti pubbliche e private, di mercato, a cui si aggiungono tempi lunghissimi di progetto e di approvazioni conseguenti. In conclusione, farsi portavoce di colleghi in situazioni come queste è assai difficile e complesso, si rischia o di rompere delicati equilibri, o di iniziare finalmente un vero dialogo di progetto per Piacenza, fattore che per molti Architetti sembra appunto non esserci. Credo che la via stia come sempre nel mezzo, porsi a servizio. L’Ordine cercherà il più possibile di essere collaborativo (come spero stia dimostrando) e non di rottura, gli Architetti possono portare il loro piccolo contributo e su ciò a breve l’Ordine proporrà alcuni temi su cui aprire un dialogo costruttivo”.

MUSEO AGRIC SLIDE2