TARASCONI SUL MEDICO ARRESTATO: “IL COMUNE DI PIACENZA PARTE CIVILE IN UN EVENTUALE PROCESSO”

“E’ un momento difficile per Piacenza, scossa dalla notizia dell’arresto di un medico che dovrebbe rappresentare un punto di riferimento per i malati, per i colleghi e i collaboratori, per la sanità del nostro territorio e per tutta la comunità piacentina. Il quadro che invece emerge dalle accuse su cui si basa l’arresto è sconcertante e tocca un nervo ancora troppo scoperto nel 2025. Un quadro fatto di abusi costanti, reiterati, esercitati grazie anche al ruolo e alla posizione di potere, e circondati da uno strano silenzio che lascia senza parole.

Ecco perché il Comune di Piacenza si costituirà parte civile in un eventuale processo per il caso in questione: certi atti, se accertati, è come se fossero stati compiuti contro tutte le donne di Piacenza, contro la nostra comunità nel suo insieme. E ci tengo che la stessa comunità si stringa, anche formalmente, attorno a chi ha dovuto subire abusi del genere.

Muovere accuse, provarle ed emettere una sentenza non è compito mio così come non è compito di nessuno al di fuori dell’autorità giudiziaria, sulla cui azione – come sindaca e come cittadina – ripongo la mia più totale fiducia.

Ma se tutto ciò che stiamo leggendo in queste ore dovesse rivelarsi vero, anche solo in parte, saremmo di fronte a fatti inqualificabili sotto ogni punto di vista possibile.

Dico di più: indipendentemente dagli aspetti penali, che sono di competenza della magistratura, ritengo che siamo già di fronte a condotte inaccettabili, anche in considerazione che – stando a quanto già accertato – si sono svolte in un luogo di lavoro, perdipiù in una struttura pubblica, aperta ai cittadini, ai pazienti del nostro sistema sanitario. Quel che è emerso è già molto grave, tant’è che la direzione generale dell’Ausl ha preso provvedimenti interrompendo per giusta causa il rapporto di lavoro con il medico indagato.

Ora però il mio pensiero, da donna prima ancora che da rappresentante delle istituzioni, va alle vittime che ogni giorno purtroppo subiscono atti del genere. Un pensiero che vuole essere un abbraccio sincero: non sentitevi sole, non vergognatevi, non abbiate paura; chiedete aiuto, denunciate. E’ necessario, ancora una volta, spezzare il silenzio colpevole che troppo spesso accompagna fatti di questo genere perché c’è ancora una parte di mondo che associa la violenza sessuale a un’azione esercitata con la forza bruta, la sopraffazione muscolare, la costrizione fisica, le botte. Come se, in assenza di lividi sul corpo della vittima, uno stupro non fosse in realtà uno stupro ma fosse qualcos’altro; qualcosa in cui, puntualmente, sembra quasi legittimo insinuare un dubbio subdolo: magari la vittima non è proprio una vittima, magari “ci stava”, magari è quello che voleva. Ed ecco lo stigma, il giudizio pronunciato a mezza bocca oppure ridacchiando, scherzando, schernendo.

Questa dinamica maschilista è atroce, ingiusta, pericolosa, inaccettabile. La violenza sessuale è tanto altro, è anche soggezione, sudditanza, paura. Una donna che subisce abusi di questo tipo, di qualsiasi natura essi siano, entra automaticamente in uno stato di fragilità assoluta; subentra la vergogna, il dubbio, il timore del giudizio, del fraintendimento, della condanna sociale.

E’ fondamentale trovare il coraggio di parlare, dunque, come ha fatto la dottoressa dell’ospedale di Piacenza rivolgendosi alla direzione generale dell’Ausl e dando il via all’indagine in questione.

Sono ben consapevole che la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini della nostra comunità sono persone per bene, lontane anni luce anche solo dall’idea di mettere in pratica o dal voler giustificare certi comportamenti, e sono altrettanto consapevole di quanto sia ingiusto e fuorviante fare di tutta l’erba un fascio: i casi singoli sono da considerare come tali e, si sa, la responsabilità penale – quando c’è – è personale.

Ma il problema esiste, il tema è reale. Come sindaca dunque sento il dovere di non fermarmi alla solidarietà alle vittime ma intendo mettere in campo ogni azione possibile per far sì che non si abbassi la guardia su una piaga che, purtroppo, è ancora presente ai giorni nostri, in una realtà occidentale teoricamente evoluta come la nostra. E mi riferisco al maschilismo strisciante e diffuso che porta a sottovalutare certe condotte ai danni delle donne, anche quando non sfociano in reati ma si limitano all’approvazione, al plauso; un maschilismo che non così di rado, incredibilmente, sembra appartenere anche ad alcune donne che puntano il dito e giudicano invece che essere solidali.

Ci tengo a ringraziare la Procura della Repubblica e la Questura di Piacenza per lo spirito di servizio e l’impegno che mettono nell’affrontare un lavoro spesso difficile, pieno di risvolti e implicazioni delicate, più che mai in questo caso.

Ci tengo anche a rinnovare la mia vicinanza alle migliaia di ottimi dipendenti, professionisti e dirigenti dell’Ausl di Piacenza che oggi vedono il loro nome associato a quello di chi sembrerebbe aver contravvenuto ad ogni principio su cui deve basarsi la professione medica. Non è un caso singolo che può minare la credibilità e la serietà di un’intera struttura e delle persone che ci lavorano con dedizione e impegno”.

“LE LAVORATRICI NON SIANO PIU’ RICATTABILI. SERVE UNA SVOLTA ETICA E POLITICA”. IL COMMENTO DI APP, AVS E PRC rve una svolta etica e politica.”

ApP, AVS e PRC esprimono sdegno, rabbia e dolore di fronte a quanto emerso ieri dalla cronaca cittadina: l’arresto di un primario dell’Ospedale di Piacenza per 32 episodi accertati di violenza sessuale, commessi – secondo le accuse – approfittando del proprio ruolo di potere su dottoresse e infermiere.
Questa vicenda non è un “caso isolato”. È il frutto marcio di un sistema in cui la gerarchia si trasforma in abuso, il potere si traveste da prestigio, e le donne continuano a essere esposte a forme di ricatto, molestie e intimidazioni. Un sistema in cui, troppo spesso, chi ha potere conosce le regole per proteggersi, mentre chi lo subisce è costretta a difendersi, giustificarsi, pagare il prezzo del coraggio. Chiediamo che la città intera, a partire dalle istituzioni e dai vertici dell’Ausl, reagisca con fermezza, trasparenza e rispetto per chi ha denunciato. Non bastano asettici e generici comunicati di collaborazione alle autorità. Ci mancherebbe altro! Chiediamo soprattutto che si apra una riflessione collettiva: quante lavoratrici vivono oggi sotto ricatto nei luoghi in cui dovrebbero essere sicure? Quanti ambienti professionali sono ancora modellati da logiche patriarcali, dove il silenzio è premiato e la denuncia punita?

Prendiamone atto, prevale ancora una visione maschilista della società, per cui tante donne non si espongono per la vergogna di confessare pubblicamente e in famiglia gli abusi subiti. È il paradosso del senso di umiliazione che, nella vittima, prevale sul dovere di denunciare la violenza. Siamo un po’ tutti responsabili se in mezzo a noi vivono persone adulte, istruite e competenti a cui è mancato il coraggio di far subito fronte comune e ribellarsi.
Insieme proponiamo:
– una più capillare pubblicizzazione dello strumento di “Segnalazione condotte illecite (whistleblowing)” già a disposizione di dipendenti, collaboratori e di chiunque svolge, ha svolto o dovrà svolgere un’attività lavorativa o professionale in favore dell’Azienda Usl di Piacenza;
– ⁠l’immediata costituzione di uno sportello indipendente per l’ascolto e la tutela delle lavoratrici del comparto sanitario;
– ⁠la revisione delle procedure di valutazione dei dirigenti, con particolare attenzione individuare indicatori più stringenti per garantire ambienti di lavoro sicuri e rispettosi;

La nostra vicinanza va alle vittime di questa scioccante vicenda e ai loro affetti, oltre alla famiglia della persona arrestata, a sua volta vittima, travolta da un dramma umano difficile da immaginare.
Non accetteremo che questa storia venga archiviata come l’ennesima anomalia. È ora di spezzare il silenzio, cambiare le regole per difendere davvero chi lavora, cura e denuncia.