PD, SCHLEIN LA NUOVA LEADER: UN MANDATO CHIARO A CAMBIARE DAVVERO

Pare che il mantra “noi dobbiamo fare la sinistra”, pronunciato più volte nella campagna elettorale delle primarie, abbia colpito nel segno sovvertendo ogni pronostico. Perché di Elly Schlein deve avere convinto soprattutto questo: la svolta a sinistra di un PD che ha perso da anni smalto e appeal. Se alle primarie della gente comune, non degli iscritti, ha vinto lei che al Partito Democratico si è iscritta poco più di due mesi fa qualcosa vorrà dire. E se Stefano Bonaccini ha detto, poco dopo la sconfitta, ” è stata più capace di me nel dare il senso di un rinnovamento del partito” anche questo significherà qualcosa. Poi ha aggiunto “Io l’ho sempre detto: se avessi vinto avrei chiesto ad Elly di darmi una mano, ha prevalso Elly e senza chiedere nulla per me sono pronto a dare una mano”.

Lei invece, che l’ha spuntata con il 53.8% dei voti ribaltando il voto dei circoli (mai nessuno prima nel PD lo aveva fatto), ha detto “insieme abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione. Anche stavolta non ci hanno visto arrivare” e ancora “Il popolo democratico è vivo: il mio è un mandato chiaro a cambiare davvero”. Ai gazebo è andato un milione di persone in tutta Italia, già questo è un buon segnale di partecipazione.

Lotta alle disuguaglianze, diritto ad un lavoro dignitoso, necessità di affrontare con urgenza l’emergenza climatica, sono i temi che Schlein ha posto come fondamentali. Da oggi ha una grande responsabilità, quella del cambiamento che, ha detto più volte, “non significa rottamazione”. A sostenerla c’erano anche i big Dario Franceschini, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti, Francesco Boccia. Per questo dovrà essere davvero brava a tenera la barra dritta, guardare avanti nel segno di quei temi fondamentali che gli elettori di sinistra si aspettano da lei. Sarà giudicata molto severamente c’è da giurarlo, soprattutto dal partito che si appresta a dirigere.

A Piacenza invece, dove hanno votato più di 4mila persone, ha prevalso Bonaccini con il 54,4% contro il 45,6% di Schlein. Un risultato che probabilmente non tutti si aspettavano avendo, il governatore della regione, dalla sua parte buona parte degli amministratori locali, tra cui la sindaca Tarasconi. Ma i cittadini hanno scelto una visione più netta, una decisa virata a sinistra.

DE MICHELI, PD: “LA MIA UNA CANDIDATURA DI ROTTURA NEI CONTENUTI, NEL METODO E DEL GRUPPO DIRIGENTE”

A poche settimana dall’uscita in libreria del suo libro, Paola De Micheli racconta come sta vivendo questa delicata fase che la porta verso il congresso e le primarie del PD che la vedono tra le candidate alla segretarie. La prima a scendere in campo. Sicura e decisa, come è sempre stata.

“Con la segreteria di Letta si è chiusa un’epoca, quella del tatticismo e del verticismo, per cui cinque o sei persone decidono e prendono le decisioni. Ci vuole una nuova  stagione: la partecipazione sia decisione”.  E ancora “un partito che vuole essere punto di riferimento della sinistra deve dare risposte concrete alle persone. La mia è una candidatura di rottura nei contenuti, nel metodo e dei gruppi dirigenti”.

DE MICHELI AL CORRIERE DELLA SERA: “SARO’ LA PRIMA SEGRETARIA DEL PD E TORNEREMO A VINCERE”

Dalla stampa locale alla nazionale, passando per la tv e talk show. Paola De Micheli, parlamentare del PD e unica, per ora, candidata alla segreteria del partito, è un fiume in piena, risponde senza remora alcuna alle domande dei giornalisti pronta per la scalata e convinta del successo del risultato.

Oggi sul Corriere della Sera intervistata da Monica Guerzoni ribadisce la volontà di arrivare a guidare un nuovo PD insieme a federazioni e circoli, “un cambiamento radicale – dice – che illustrerò nella mozione e in un libro” che sarà in libreria, si presuppone prima del congresso.

E’ lanciata come se mancasse pochissimo; si definisce grintosa, felice, concreta, una donna che va dritta al punto. Proprio sul fattore genere sta costruendo gran parte della sua candidatura. “Mai una donna si era candidata a guidare il Pd”. Rosy Bindi? Le fa notare Guerzoni. “Ci ha provato, unica nella storia. Ora provo io e dicono “Paola farà il ticket con un uomo”. No, facciano il ticket con me, perché io sono già stata vicecapogruppo e vicesegretaria”.

Al centro della candidatura il lavoro e l’essere donna, “in un partito – dice – dove c’è troppo patriarcato, che ha fatto più leggi a favore delle donne, ma poi le candidature a sindaco o presidente di Regione sono rarissime. E la colpa è anche della misoginia di alcune donne che, con un po’ di accidia, si sentono soddisfatte da un ruolo ancillare”. Il suo spirito non è decisamente quello dell’ancella, anzi.

Stefano Bonaccini non fa i salti di gioia per la sua candidatura? Ce n’è anche per lui “Devo chiedere il permesso? Io almeno l’ho detto e non mi candido solo se vinco. Mi candido, poi vinco”.

E sui padri nobili del PD, Veltroni, Bersani, Prodi e D’Alema “a loro voglio molto bene – risponde – ma adesso tocca alle donne e agli uomini nati tra il ’70 e il ’90 che si sono impegnati a tenere in piedi il PD”. Come dire che oggi è necessario anche un passaggio generazionale.

Ad ispirarla nessuna Kamala Harris, ma la madre “rimasta vedova a 44 anni con tre figli da crescere che si è spaccata la schiena per farci laureare, lavorando con noi nei campi di famiglia”.

Non teme né Bonaccini, Nardella, Schlein perché ” la paura è riservata alle cose della vita, non della politica”. E rispetto a Meloni si definisce “anti”: “lei sarà la prima donna premier e io la prima segretaria del Pd, guiderò l’opposizione e torneremo a vincere. Sarò l’anti Meloni perché mi preoccupa molto il modello dei governi ungherese e polacco, che comprime le diversità in favore di una semplificazione deteriore”. Una determinazione che le è sempre stata propria ma che, in questo frangente, ha tirato fuori senza veli, come a far pensare che sia l’ultima spiaggia per salvare il PD. Certo la misoginia tra le donne del partito di cui le stessa parla, non sarà un ostacolo facile da superare.