TRAGEDIA DI CALENDASCO: NESSUNA RISPOSTA AI NOSTRI PERCHE’

L’immagine dell’auto a ruote all’aria in mezzo al fiume è sconcertante. Perché il pensiero immediatamente successivo è che all’interno c’erano quei quattro giovani corpi senza vita. Le lamiere sono state la loro trappola. L’acqua del fiume, che loro amavano tanto, il luogo della loro fine. E’ una tragedia inimmaginabile e inspiegabile come tutte quelle dove coinvolti ci sono dei ragazzi, che hanno sogni, speranze e spensieratezza. Era un legame strettissimo quello che legava Elisa, Castantino, Domenico e William, un’amicizia vera, sincera su cui regnava la passione per la musica. Chissà, forse anche in quel volo nel Trebbia c’era la musica ad accompagnarli. E oggi le domande sono tutte: Perché? Che senso ha tutto questo? Come si può morire a vent’anni imprigionati dentro l’abitacolo di una macchina? Umanamente di risposte non ce n’è. Impossibile farsene una ragione. Oggi ci sono amici e genitori disperati a cui viene chiesta la prova più impossibile: sopravvivere alla morte dei propri figli. A loro oggi restano il ricordo, i sorrisi, i pianti e i sogni che non si potranno più realizzare di ognuno di loro.

ALLUVIONE, MANCA LA CULTURA DEL RISCHIO

I cittadini sono l’ultimo anello della catena che deve far fronte all’emergenza in caso di inondazioni. Come? Sulla base di comportamenti virtuosi che salvano la pelle. Il progetto Capflo ha studiato l’analisi delle capacità sociali per la mitigazione dei rischi di inondazione, sviluppando proprio questo, ovvero le capacità sociali delle comunità neri bacini, in particolare nella val Trebbia per il territorio piacentino. Quello che è emerso è che in pochi sanno cosa fare in caso di allerta: la conoscenza del sistema di prevenzione è limitata, non si conoscono le aree di assistenza, non si sa come minimizzare i rischi, ma si conoscono invece le aree a rischio

ALLUVIONE, LEGAMBIENTE: “TROPPO FACILE TROVARE UN CAPRO ESPIATORIO”

“Il fiume ha bisogno dei suoi spazi ma a volte questi spazi sono occupati da edifici“. A dirlo è Marco Monaco Direzione Tecnica del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, ospite della serata organizzata da Legambiente sul dissesto idrogeologico dopo l’alluvione del 14 settembre. Una serata che ha avuto anche l’obiettivo di analizzare le cause che hanno portato all’alluvione. Un evento eccezionale quanto a portata d’acqua certo, ma che facilmente potrà ripetersi, ed eventi in tal senso si sono verificati già nelle scorse settimane. Una serata in cui Legambiente ha voluto chiarire alcune posizioni.

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ALLUVIONE, COME E’ FUNZIONATA L’ALLERTA?

Come è funzionata l’allerta nella notte tra domenica e lunedì? E più in generale come e in che modo vengono diramate le comunicazioni ai sindaci e agli organi tecnici competenti da Prefettura e Protezione Civile? Partendo dalla diga Boschi il guardiano ha l’obbligo di allertare telefonicamente la Prefettura quando il rilascio supera i 100 metri cubi di acqua. Nella fattispecie, nelle notte tra domenica 13 e lunedì 14 intorno all’ 1 la diga Boschi rilasciava già 200 metri cubi di acqua. A questo punto la Prefettura ha contattato telefonicamente i primi cittadini delle zone interessate, i soggetti tecnici competenti, tra cui Aipo, Vigili del Fuoco, Bacino Tidone e Trebbia, Carabinieri e Questura. All’1.25 della notte la diga aveva già rilasciato 600 metri cubi di acqua, una situazione assolutamente eccezionale, come mostrano i dati stessi; da 200 a 600 metri cubi in meno di mezz’ora. Contestualmente alle telefonate partite dagli uffici della Prefettura, sono stati inviati anche i relativi fax. Dalle 3 la sala operativa della Prefettura era operativa, la prima riunione con i soggetti tecnici e i carabinieri è avvenute alle 4.

Per quanto riguarda la situazione del Nure e del Trebbia, la Regione Emilia Romagna ha diramato per prima, tra le 4 e le 5 la comunicazione di allerta ai sindaci delle zone interessate e ai soggetti tecnici competenti. La modalità di comunicazione, in questo caso, è doppia, via sms e via fax. Anche la Prefettura, dopo la Protezione Civile della Regione, ha allertato sindaci e soggetti tecnici competenti con le stesse modalità.

ALLUVIONE VOLONTARI

NEL BUIO DELL’ALLUVIONE, LA LUCE DEI VOLONTARI

Nel disastro dell’alluvione esiste anche un volto bello, quello dei volontari alcuni anche giovanissimi che hanno voluto essere presenti al richiamo del buon senso e della coscienza più che delle istituzioni. Studenti universitari ma anche lavoratori e pensionati che hanno imbracciato la vanga e calzato stivali di gomma e si sono messi in marcia per aiutare chi davvero in questo ha bisogno. Non è retorica, ma realtà. Sono arrivati anche da fuori provincia, anche da Milano. La rete di solidarietà che si sviluppa in situazioni come queste è davvero incredibile. Si sono diretti a Roncaglia e a Farini, un paese che questa alluvione ha reso irriconoscibile, devastato nell’intimo. Gli Alpini da tre giorni hanno allestito una vera e propria tenda sotto la quale servono il pranzo e la cena a chi non è rimasto nulla della propria casa, se non il ricordo sotterrato dal fango limaccioso.

Il comune di Piacenza ha disposto la chiusura della frazione di Roncaglia dalle 21 di sabato 19 alle 8 di domenica 20 per la pulitura delle strade con i mezzi di Iren. I residenti potranno parcheggiare auto ed eventuali altri mezzi nel parcheggio del Bar Capolinea (via Caorsana Fossadello 24), collegato all’abitato con un servizio di bus navetta in funzione dalle 16 alle 24 di sabato e dalle 6 alle 12 di domenica.

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TREBBIA E NURE ESONDATI: CASE E CASCINE ALLAGATE ANCHE IN PAESE

Dalla siccità agli allagamenti. Nel tempo di una notte. Così all’improvviso. Anche se saranno in tanti a dire che tutto era prevedibile, risultato di anni di interventi sbagliati, cementificazioni e costruzioni a ridosso degli alvei dei fiumi. Ma la cronaca di queste ore descrive una situazione allarmante, soprattutto in val Nure e val Trebbia, dove i torrenti sono esondati allagando strade e cascine, fino a lambire le case. Il coordinamento in capo alla Prefettura non ha escluso la possibilità di chiudere supporto ad altre province per gestire la situazione. Le condizioni più critiche si sono registrate in alta val Nure dove l’esondazione del torrente ha creato diversi allagamenti lasciando isolate alcune zone, ma anche in val Trebbia dove a Rivergaro il fiume ha completamente allagato il lungo Trebbia e le zone adiacenti. La situazione, dalle prime ora di questa mattina, è stata molto critica anche in pianura tra Pontenure e San Giorgio. Nella zona di Sant’Agata intere cascine agricole sono state allegate, così come a Pontenure in località San Giovanni, a poche centinaia di metri dall’ingresso del paese, l’acqua è arrivata fino alle abitazioni. Una situazione questa che non si era mai verificata, almeno negli ultimi 40 anni. Colpita duramente anche la zona industriale di Pontenure: Amada Schiavi e il magazzino di Upim sono allagate, così come il sottopasso dove questa mattina un’auto è rimasta bloccata. In campo i volontari della Protezione Civile, Polizia Municipale e responsabili dell’ufficio tecnico del Comune.

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TREBBIA, PARADISO CHE PUO’ DIVENTARE BUSINESS

Se il Trebbia ambisce a diventare patrimonio dell’Unesco, perchè non dargliene l’opportunità offrendo servizi di qualità a quelle 20 mila persone che ogni week end estivo affollano il fiume da Bobbio a Ottone? Se lo chiede il sindaco di Cerignale Massimo Castelli che qualche settimana fa aveva rilanciato anche dalle colonne di Repubblica la sua proposta che fa discutere. “Si tratterebbe di legittimare quello che già avviene normalmente oggi, ma contro la legge – spiega Castelli – oggi sul Trebbia non si possono fare barbecue, non si può campeggiare, le auto parcheggiate sulla 45 sono in multa, allora perchè non contribuire a rendere regolare tutto questo, offrendo dei servizi agli utenti”. Perchè allora non istituire un ticket grazie al quale poter dotare il Trebbia di infrastrutture leggere che non impattino con l’ambiente, percorsi attrezzati di trekking, a piedi o in mountain bike, area pic nic, area campeggi, bagni chimici o pubblici, che siano. Insomma in una parola offrire servizi. Regolarizzare per rendere attrattivo il fiume da un punto di vista turistico ed avere così anche un ritorno economico per la montagna che di turismo vive. Un paradiso che può diventare anche business. Che male ci sarebbe? “Per la montagna il turismo è vitale, in questo si favorirebbe non solo il turismo mordi e fuggi del sabato e della domenica, ma sarebbe più strutturato. Esempi di questo tipo accanto a noi ce ne sono parecchi, ad esempio in Croazia dove c’è un parco naturale, dotato di sentieri attrezzati, bagni, per cui si paga un biglietto all’ingresso”. Il tavolo del Trebbia, attorno al quale si siedono tutti i soggetti coinvolti in questa partita, potrebbe diventare il luogo adatto per progettare e formulare proposte di questo tipo.

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TREBBIA, UNA NUOVA TRAGEDIA. TORNA IL TEMA DELLA SICUREZZA DEL FIUME

Il Trebbia ha inghiottito un altro corpo. Giovanissimo. Accadde anche due settimane fa a San Salvatore, li’ morì annegato un 26 enne, uno sportivo , un nuotatore esperto. Eppure il Trebbia e’ affascinante quanto pericoloso. Oggi è accaduto ancora a Ponte a Barberino, un ragazzino di 14 anni non ce l’ha fatta, si è sentito male e i soccorsi si sono rivelati inutili. Una nuova tragedia, una vecchia storia. Nel senso che, praticamente ogni estate, accade che il Trebbia si colori delle tinte fosche di  vicende come queste. E puntualmente torna alla ribalta il tema della sicurezza di questo fiume pretendo dalla sua balneabilità. Certo verrebbe meno la sua natura un po’ selvaggia, ma in certi punti il Trebbia è popolato come una vera spiaggia. Una soluzione bisognerà pur trovarla. Ma finché la gestione dell’area non passerà di competenza ai singoli comuni, ma resterà statale, il tema sicurezza resterà, ancora, sulla bocca di tutti, alla prossima tragedia.

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