SILENZIO, ACCUDIMENTO E ASCOLTO, UNA SALA DEL SOLLIEVO IN PRONTO SOCCORSO

Si chiama Sala del Sollievo e si trova nel pronto soccorso dell’ospedale. Una stanza particolare dedicata alla persone che arrivano nel reparto in condizione di fine vita. La sala è già attiva e utilizzata da qualche settimana ma per rendere ancora più accogliente lo spazio, lAusl ha chiesto all’associazione Il Pellicano un aiuto concreto. La presidente  Maria Angela Spezia ha accolto con entusiasmo la proposta e si è subito  attivata per acquisire gli arredi, tanto che entro l’autunno il progetto sarà completato e presentato alla cittadinanza.

La Sala del Sollievo nasce da un profondo senso di rispetto nei confronti del fine vita ed è un luogo dove  viene preservata la dignità del paziente, evitando cure sproporzionate e non appropriate.
In attesa dell’allestimento completo, l’idea ha già trovato riscontri molto positivi tra medici e sanitari, essendo uno dei primi esempi in Italia di cure palliative in un dipartimento d’Emergenza.
La dottoressa Erika Poggiali, medico del Pronto soccorso di Piacenza, ha dedicato al tema anche un articolo apparso nei giorni scorsi sul blog della Società italiana di Medicina dell’Emergenza urgenza (https://www.simeu.it/blog/). L’esperienza piacentina è stata già citata come best practice da Luciano Orsi, direttore della Rivista Italiana di Cure Palliative e membro  della Società Italiana di Cure Palliative (SICP): l’esperto lo ha definito “un pregevole esempio di corretta gestione del fine vita del malato allo stadio terminale nell’ambito dell’emergenza urgenza”.

L’obiettivo del progetto non è solo quello di mettere a disposizione dei pazienti una sala riservata, dove poter rimanere insieme ai familiari, ma anche quella di poter contare su una sedazione palliativa che possa controllare la loro sofferenza. Per essere in grado di gestire al meglio questa procedura, il personale del Pronto soccorso è stato formato dai colleghi dell’unità operativa di Cure Palliative. I professionisti hanno inoltre redatto insieme alcune linee guida per garantire al malato allo stadio terminale i trattamenti più adeguati alla sua specifica condizione clinica.
In particolare, la Sala del Sollievo è dedicata ai pazienti affetti da patologie croniche e invalidanti, che si presentano in Pronto soccorso con sintomi resistenti alla terapia e che necessitano di una sedazione palliativa profonda.
Ma può anche accogliere persone che si rivolgono al reparto per una sedazione di emergenza, come una grave emorragia, crisi respiratoria o uno stato di shock irreversibile.
Per tutte queste tipologie di pazienti, lo sforzo del personale è quello di garantire una presa in carico clinico-farmacologica adeguata al fine vita “Abbiamo cercato di creare uno spazio nel Pronto soccorso – evidenziano i sanitari – dove il fine vita potesse essere un momento vissuto in modo intimo dai familiari, lontano dai campanelli che suonano, il sovraffollamento delle aree, il telefono che squilla a ogni ora, e quella terribile luce artificiale che conosciamo bene e che è capace di annullare il giorno e la notte uniformando il tempo”.
Per questo la Sala del Sollievo è aperta ai familiari 24 ore su 24, senza limite numerico, ed è gestita dai medici, infermieri e operatori sociosanitari del Pronto Soccorso secondo un percorso codificato. I  sanitari che vi operano hanno seguito un percorso formativo specifico gestito dalla psicologa della Rete delle Cure Palliative per migliorare le competenze comunicative indispensabili per stare accanto al paziente e alla sua famiglia.
La Sala del Sollievo garantisce silenzio, intimità, tranquillità, accudimento e ascolto, in accordo con il modello delle cure palliative, che richiedono una grande vicinanza e un basso impatto tecnologico.
Nella stanza non ci sono monitor ma solo un grande murales realizzato da un’infermiera del reparto, Eleonora Rossi. Il disegno rappresenta un momento di passaggio, un’attesa e un cambiamento. Al progetto, oltre alle equipe del Pronto soccorso (diretta da Andrea Vercelli e coordinata da Paola Nassani) e di Cure Palliative (diretta da Raffaella Bertè, con Davide Cassinelli come case manager), hanno partecipato la Bed manager Damiana Muroni e Maria Gaetana Droghi, responsabile Innovazione e sviluppo organizzativo professionale della Direzione delle Professioni sanitarie).
Non da ultimo, quando non è occupata, la stanza può anche accoglie le vittime di violenza.

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MONICA BOSCO: “ANCHE IO POSITIVA AL COVID, VOLEVO ESSERE UTILE AI MALATI”

Si è ammalata anche lei, lei che, in prima linea, con forza e tenacia si prende cura, ogni giorno, dei malati più fragili e gravi all’interno degli hospice di Piacenza e Borgonovo. La dottoressa Monica Bosco, anestesista, è stata una delle prime, ad inizio epidemia, a risultare positiva al covid 19. Oltre un mese a casa con febbre, tosse fortissima e tanta stanchezza ma sempre con la voglia di aiutare le persone, sentite come in questa intervista.

CURE PALLIATIVE: CI VUOLE UN CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA

Sono cambiati i bisogni del paziente, prima di tutto perchè la cronicizzazione della malattia è praticamente una costante. 
Le cure hanno il dovere di stare al passo. Il convegno regionale organizzato a Piacenza dalla Società Italiana di Cure Palliative ha l’intento di approfondire queste tematiche perchè è solo conoscendo di più che si può curare meglio.

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CURE PALLIATIVE A DOMICILIO: IN TRE ANNI SEGUITI 430 PAZIENTI

Il percorso è iniziato a giugno del 2016, da allora i risultati sono stati grandi e tangibili. Il progetto delle cure palliative a domicilio finanziato dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, ha seguito 430 pazienti; persone in condizioni di forte fragilità, soprattutto anziani, con malattie progressive e irreversibili, con bisogni complessi. Le visite a casa sono state 681, coprendo l’80% dei comuni del territorio provinciale, in tre anni sono state 736 le ore di formazione che ha il seguito il personale dell’equipe, insieme ai medici di famiglia.

Oggi il progetto è pronto a camminare con le proprie gambe

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BOSCO, CURE PALLIATIVE: “CERCHIAMO DI DONARE TEMPO AL TEMPO”

E’ Monica Bosco la protagonista della puntata di Di Profilo, anestesista dell’equipe delle cure palliative che presta la propria consulenza anche all’interno dell’Hospice di Piacenza La Casa di Iris. “Cerchiamo di donare tempo al tempo, tempo tolto alla sofferenza e portato alla condivisione”. Una testimonianza piena di umanità, che mostra come il legame tra medico, paziente, familiare sia forte e vero. Una testimonianza di come l’hospice non sia solo luogo di sofferenza ma anche speranza e vita.

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UN’EQUIPE AL FEMMINILE PER LE CURE PALLIATIVE A DOMICILIO

Giulia Mazzoni, Giulia Bonfanti e Valentina Vignola. Medico palliativista, infermiera e psicologa. E’ l’equipe appositamente formata per le Cure palliative domiciliari (UCPD) che fa capo all’Unità operativa di cure palliative e rete cure palliative. Un’equipe tutta al femminile che da lunedì si integrerà come nodo domiciliare delle rete cure palliative di cui fanno già parte i due hospice del territorio (Piacenza e Borgonovo). Un progetto sperimentale, della durata di tre anni, che ha visto nella firma del protocollo lo scorso dicembre una dichiarazione di intenti ai cui hanno fortemente aderito Ausl, Ordine dei medici di Piacenza e Fondazione da un punto di vista economico. L’obiettivo è quello di sostenere i pazienti fragili nella fase acuta di qualsiasi malattia per garantirgli una migliore qualità della vita e, insieme, essere accanto alla famiglia. Oggi i pazienti possono decidere se curarsi a casa grazie all’equipe che si è formata in questi mesi. La casa, per molti pazienti, costituisce il contesto naturale di una persona; avere la possibilità di essere curati proprio lì permette la vicinanza dei familiari ma anche una maggiore possibilità di distrazione. “In questo modo le persone sono al centro dell’attenzione sia sanitaria che umana – ha detto il professor Giovanni Calza presidente della Commissione Welfare della Fondazione – e la rete tra Ausl, Ordine dei medici e Fondazione è risultata vincente”. Nel corso del primo anno di attività l’equipe seguirà i pazienti fra quelli dimessi dagli hospice del territorio in accordo con i medici di medicina generale. Si prevede di seguirne tra i 40 e i 50 all’anno.

cure palliative domicilio

ALLA CASA DI IRIS IL VALORE SONO LE PERSONE. A TUTTO TONDO

Il nostro viaggio all’interno dell’hospice La Casa di Iris inizia dalle persone, perchè sono proprio loro che vivono la struttura. Una struttura, certo, in cui si curano patologie gravi, ma non significa necessariamente che il ricovero sia definitivo. Sono le persone, i pazienti e le loro famiglie che fanno e vivono questo luogo. Che all’esterno è troppo spesso visto come l’ultima spiaggia ma che in realtà non dovrebbe essere così. Cure palliative è forse un termine riduttivo per come lo intendiamo oggi; realmente significa prendersi cura del paziente e della famiglia in tutta la sua interezza dalla sfera emotiva fino a quella spirituale senza ovviamente tralasciare la parte medica. La sfida del futuro, che speriamo sia prossimo, è quella di rendere le cure palliative precoci, cioè fin dalla comparse delle prima sintomatologie. Partiamo dal racconto di Sofia, una mamma che ha perso il figlio di 17 anni.

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IL DIARIO DI BARBARA SOINI IN “RISERVA DI PROGNOSI”

Quella di Barbara Soini è una testimonianza serena e coraggiosa dell’ultimo anno di vita. Un diario lucido e consapevole di quello a cui stava andando incontro. Diagnosi: cancro con prognosi severa. Barbara di mestiere i tumori li cura, è un’affermata oncologa, ma questa volta i ruoli si sono ribaltati. Una sorte beffarda ha fatto sì che fosse lei la paziente. Il libro Riserva di Prognosi, comincia dalla storia di questa coraggiosa 44 enne con l’aiuto delle giornalista Milena Di Camillo e del medico Loretta Rocchetti. La struttura del libero è cresciuta nel tempo, all’interno vi è un ampio spazio dedicato all’approfondimento di queste tematiche legate alla cure palliative e al fine vita. Il servizio completo con le interviste alle autrici, nella prossima puntata di A Tutto Tondo.

libro riserva di prognsi